JAMES REDFIELD

 

LA PROFEZIA DI CELESTINO

 

ROMANZO

 

 

 

 

Titolo originale The Celestine Prophecy

 Traduzione dall’originale americano

 di Alessandra De Vizzi

Copyright © 1993 by James Redfield

 This edition published by arrangement with

Warner Books, Inc., New York

© 1994 Casa Editrice Corbaccio s.r.l., Milano

ISBN 88-7972-104-6

 

NOTE DI COPERTINA

Quando James Redfìeld pubblicò a sue spese questo libro straordinario – un’avventura alla ricerca del significato dell’esistenza – la gente lo comprò, lo lesse e rimase stupefatta per il suo contenuto. Ne parlò con gli amici e gli amici ne parlarono con i loro amici e, unicamente grazie al tam tam dei lettori, la notizia di quest’opera magica e commovente si diffuse in tutti gli Stati Uniti. In poche settimane più di centomila lettori avevano scoperto che il messaggio del romanzo dava un senso a ciò che accadeva nella loro vita. La profezia di Celestino è una parabola piena di verità che si legge come un’avventura mozzafiato. Un antico manoscritto, contenente nove chiavi per interpretare l’esistenza, viene scoperto e diviene oggetto di studi e di ricerche. Il governo e la Chiesa peruviani cercano in tutti i modi di distruggerlo e perseguitano tutti coloro che sono in possesso di alcune sue parti. Uno psicologo americano si lascia coinvolgere nella ricerca del testo completo, per trovare il quale dovrà affidarsi al flusso delle coincidenze della vita di ogni giorno che, una volta interpretate, portano verso il proprio vero destino. La ricerca comincia sulle Ande e porta a una sconvolgente scoperta tra le rovine nascoste nella profondità della foresta pluviale. Una volta trovate e comprese tutte e nove le chiavi si avrà una nuova visione della vita e di come sia possibile salvare il pianeta, le sue creature, la sua bellezza. Questo libro dà speranza e… brividi… perché le sue profezie si stanno già realizzando. E’ il momento giusto per ascoltare e per cominciare il viaggio che darà un senso nuovo alla vita al l’approssimarsi del nuovo millennio.

James Redfield vive e lavora nel sud degli Stati Uniti. La profezia di Celestino è stata pubblicata con enorme successo in 40 paesi del mondo, vendendo oltre 8.000.000 di copie. In Italia ha superato le 800.000 ed è alla quarantaduesima edizione. La Decima Illuminazione, che è il seguito, in Italia ha superato le 250.000 copie. Insieme a Carol Adrienne, Redfield ha scritto la Guida alla profezia di Celestino e la Guida alla Decima Illuminazione strumenti che aiutano ad ampliare la conoscenza contenuta in ognuna delle Illuminazioni. Successivamente Redfield ha scritto La Visione di Celestino e II segreto di Shambhala, prima di confrontarsi, nel Lato spirituale della vita, in uscita presso Corbaccio, con i presupposti teorici e metafisici della nuova spiritualità.

 

INDICE

Nota dell’autore

Una massa critica

Un presente più esteso

Una questione di energia

La lotta per il potere

Il messaggio dei mistici

Chiarire il passato

Lasciarsi trascinare dalla corrente

L’etica interpersonale

La cultura emergente

Ringraziamenti

 

 

NOTA DELL’AUTORE

Da almeno mezzo secolo una nuova consapevolezza è entrata a far parte dell’universo umano, una presa di coscienza che può essere definita trascendente, spirituale. Se vi ritrovate a leggere questo libro, forse vi siete già accorti di cosa sta succedendo perché lo sentite dentro di voi.

In questo momento della storia noi sembriamo particolarmente sintonizzati con lo sviluppo stesso della vita, con quegli avvenimenti fortuiti che accadono proprio al momento giusto e ci fanno incontrare le persone capaci di avviare la nostra esistenza in una direzione nuova e ispiratrice.

Forse riusciamo a intuire il significato elevato di questi misteriosi avvenimenti più di quanto abbiano mai fatto le persone vissute prima di noi. Sappiamo che per ognuno di noi la vita è una rivelazione spirituale, seducente e magica, che nessuna filosofia o religione è riuscita finora a chiarire del tutto.

E siamo a conoscenza anche di qualcos’altro: sappiamo che nel momento in cui comprendiamo ciò che sta succedendo, mettendo in moto questa forma di crescita e mantenendola in vita, il genere umano effettuerà un incredibile balzo in avanti raggiungendo finalmente il nuovo stile di vita che ha inseguito nell’arco di tutta la sua storia.

Questa storia vi è offerta per conseguire la nuova comprensione. Se vi colpisce, esprimendo qualcosa che già percepite nella vita, passate questa vostra esperienza a qualcun altro – perché io credo che la nostra nuova consapevolezza della spiritualità si stia espandendo esattamente in questa direzione, non più tramite mode passeggere o pubblicità strampalate bensì a livello personale, attraverso una sorta di positivo contagio psicologico fra le persone.

Tutto ciò che dobbiamo fare è accantonare dubbi e distrazioni per il tempo necessario… e miracolosamente questa realtà diventerà nostra.

JR

Autunno 1992

 

 

 

A Sarah Virginia Redfield

 

 

I saggi brilleranno allora come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia, splenderanno come stelle per l’eternità. Or tu, Daniele, riponi queste parole e sigilla il libro fino al tempo della fine. Molti lo scruteranno e crescerà la loro conoscenza.

Daniele 12,3-4

 

 

 

LA PROFEZIA DI CELESTINO

 

UNA MASSA CRITICA

Mi fermai davanti al ristorante e parcheggiai, appoggiandomi un attimo al sedile per pensare. Charlene mi aspettava già dentro, voleva parlarmi. Ma perché? Non la sentivo da sei anni: chissà per quale motivo si era fatta viva proprio una settimana dopo che mi ero ritirato a vita solitaria nei boschi. Uscii dal furgone e mi avviai verso il ristorante. Alle mie spalle l’orizzonte inghiottiva gli ultimi bagliori del tramonto e lame di luce color rame attraversavano il parcheggio bagnato. Soltanto un’ora prima un breve temporale aveva inzuppato ogni cosa, rinfrescando la serata estiva che la luce morente del crepuscolo rendeva quasi irreale. In cielo intanto era comparsa la luna.

Mentre camminavo la mia mente era affollata da vecchie immagini di Charlene. Era ancora bella e intensa? In che modo il tempo l’aveva cambiata? E cosa avrei dovuto pensare di quel manoscritto che mi aveva menzionato – un antico documento ritrovato in Sudamerica e di cui non vedeva l’ora di parlarmi?

«Devo aspettare due ore tra un volo e l’altro», mi aveva detto al telefono. «Possiamo vederci a cena? Il contenuto di questo manoscritto ti piacerà sicuramente – è proprio il genere di mistero che ti appassiona.»

Il mio genere di mistero? Che cosa aveva voluto dire?

Il ristorante era affollato, e alcune coppie stavano aspettando che si liberassero dei tavoli. La direttrice di sala mi disse che Charlene si era già accomodata e mi indirizzò verso una terrazza che sovrastava la sala da pranzo principale.

Salii alcuni gradini e mi accorsi che intorno a uno dei tavoli si era radunata una piccola folla. C’erano anche due poliziotti che a un tratto si girarono e scesero di corsa i gradini, oltrepassandomi. Appena l’assembramento di gente si disperse riuscii a vedere la persona che sembrava essere stata al centro dell’attenzione – una donna ancora seduta al tavolo… Charlene!

Mi avvicinai velocemente. «Charlene, cosa sta succedendo? C’è qualcosa che non va?»

Gettò indietro la testa, fingendosi esasperata, e si alzò esibendo il suo famoso sorriso. Mi accorsi che i suoi capelli avevano qualcosa di diverso, ma il viso era esattamente come lo ricordavo: lineamenti delicati, labbra carnose e grandi occhi blu.

«Non ci crederai mai», esclamò avvolgendomi in un abbraccio affettuoso. «Qualche minuto fa sono andata in bagno e qualcuno mi ha rubato la valigetta.» «Cosa conteneva?»

«Niente di importante, solo libri e giornali che mi ero portata per il viaggio. E’ incredibile. La gente seduta agli altri tavoli mi ha raccontato che un tizio è venuto fin qui, l’ha presa e se ne è andato. Hanno fornito una descrizione alla polizia e gli agenti hanno detto che avrebbero perlustrato la zona.» «Forse dovrei aiutarli.»

«No, no, lascia perdere. Non ho molto tempo a disposizione e ho bisogno di parlarti.»

Feci un cenno d’assenso, e Charlene suggerì di sederci. Si avvicinò un cameriere, e dopo aver sbirciato il menù facemmo le nostre ordinazioni. Per una quindicina di minuti discorremmo del più e del meno. Accennai in termini vaghi al mio ritiro sul lago, ma Charlene non si lasciò distrarre dalla mia imprecisione. Chinandosi in avanti mi sorrise di nuovo.

«Allora, cosa ti sta veramente succedendo?» mi chiese. La fissai negli occhi intensamente. «Vuoi sentire subito tutta la storia, vero?»

«Come sempre», mi rispose.

«Dunque, la verità è che in questo periodo ho deciso di dedicare tempo a me stesso e quindi me ne sto sul lago. Finora ho lavorato sodo, e adesso sto pensando di dare una svolta alla mia vita.»

«Ricordo che mi avevi parlato di quel lago, ma credevo che tu e tua sorella aveste dovuto vendere.»

«Non ancora. Il problema sono le tasse patrimoniali: il terreno è molto vicino alla città e così le imposte continuano ad aumentare.»

Charlene annuì. «Che farai dopo?»

«Non lo so ancora. Qualcosa di diverso.» Mi lanciò un’occhiata divertita. «Mi sembri irrequieto come tutti gli altri.»

«Immagino», commentai. «Perché me lo chiedi?» «E nel Manoscritto.»

La guardai a mia volta, senza fare nessun commento. «Parlami di questo Manoscritto», dissi. Si appoggiò allo schienale come se volesse raccogliere le idee, poi tornò a fissarmi negli occhi. «Credo di averti già detto per telefono che alcuni anni fa ho lasciato il giornale e sono andata a lavorare per un’agenzia di ricerche che indaga sui cambiamenti culturali e demografici per conto delle Nazioni Unite. Il mio ultimo incarico è stato in Perù.

«Mentre ero laggiù a completare alcune ricerche presso l’Università di Lima, sentivo continuamente parlare del ritrovamento di un antico manoscritto – ma nessuno mi forniva il benché minimo dettaglio, nemmeno gli incaricati dei dipartimenti di archeologia o antropologia. E quando ho contattato in proposito il governo, anche loro hanno negato di saperne qualcosa.

«Una persona mi ha però confidato che in effetti il governo stava lavorando per eliminarlo per qualche motivo, anche se non ne sapeva molto.

«Tu mi conosci», continuò. «Io sono curiosa, e così quando il mio incarico è terminato ho deciso di restare nei paraggi un altro paio di giorni per vedere cosa sarei riuscita a scoprire. All’inizio ogni traccia che seguivo sembrava finire in un vicolo cieco, ma una volta, cenando in un locale fuori Lima, notai un sacerdote che mi fissava. Dopo un po’ si avvicinò per dirmi che mi aveva sentita chiedere informazioni a proposito del Manoscritto. Non volle rivelarmi il suo nome ma accettò di rispondere a tutte le mie domande.»

Esitò per un istante, continuando a fissarmi intensamente. «Mi raccontò che il Manoscritto risale al 600 a.C. e predice un’imponente trasformazione nella società umana.» «A partire da quando?» chiesi. «Dalle ultime decadi del ventesimo secolo.» «Adesso??» «Sì, adesso.»

«Che genere di trasformazione?.»

Per un istante mi sembrò imbarazzata, poi proseguì con vigore: «Il sacerdote mi spiegò che si tratta di una specie di rinascita della coscienza che avverrà con molta lentezza. Non è di natura religiosa, ma spirituale. Stiamo scoprendo qualcosa di nuovo a proposito della vita umana su questo pianeta e del significato della nostra esistenza e, secondo il prete, questa conoscenza modificherà enormemente la cultura».

Fece un’altra pausa e poi aggiunse: «Il Manoscritto è diviso in sezioni o capitoli, ognuno dei quali dedicato a una particolare percezione della vita. Secondo il documento, proprio in questi anni gli esseri umani cominciano a comprendere il significato delle percezioni in modo sequenziale, una dietro l’altra, in modo da passare dallo stato in cui si trova la Terra attualmente a una cultura completamente spirituale.»

Scossi la testa, sollevando le sopracciglia, cinico. «E tu ci credi?»

«Bene», esclamò. «Io penso…»

«Guardati intorno», la interruppi, indicando la folla seduta nella sala sotto di noi. «Questo è il mondo reale. Laggiù vedi forse qualcuno che sta cambiando?»

Proprio mentre lo dicevo, da un tavolo all’estremità del salone si sentì un’esclamazione rabbiosa, una frase che non riuscii a capire ma che era stata abbastanza forte da zittire tutti i presenti. Dapprima pensai che si trattasse di un’altra rapina, ma mi accorsi ben presto che era solo una lite. Una donna sulla trentina si era alzata di scatto e fissava indignata l’uomo seduto davanti a lei.

«No», urlava. «La nostra relazione non va come volevo! Capisci? Non funziona affatto!» Si ricompose, lanciò il tovagliolo sul tavolo e se ne andò.

Charlene e io ci guardammo in faccia, sconvolti per il fatto che quell’esplosione fosse avvenuta nel momento stesso in cui parlavamo della gente seduta sotto di noi. Alla fine Charlene indicò con un cenno del capo l’uomo rimasto seduto da solo al tavolo e commentò: «E’ il mondo reale che sta cambiando».

«In che modo?» le chiesi, ancora scosso.

«La trasformazione inizia con la Prima Illuminazione, e secondo il sacerdote questa affiora sempre inconsciamente, causando un profondo senso di irrequietezza.»

«Irrequietezza?» «Sì.»

«Cosa stiamo cercando?»

«E’ proprio questo il punto! All’inizio non ne siamo sicuri. Secondo il Manoscritto cominciamo a intravedere un genere alternativo di esperienza… momenti nella nostra vita che ci sembrano in qualche modo diversi, più intensi e carichi di ispirazione. Non sappiamo però cosa sia questa esperienza, e nemmeno come farla durare, e quando finisce ci sentiamo inquieti e insoddisfatti per una vita che ci sembra nuovamente banale.»

«Tu credi che dietro alla rabbia di quella donna ci sia l’irrequietezza di cui parli?»

«Sì. Lei è esattamente come il resto di noi. Siamo tutti alla ricerca di appagamento nella nostra esistenza e non vogliamo assolutamente accontentarci. Questa ricerca incessante è ciò che si nasconde dietro all’atteggiamento ‘io-prima-di-tutti’ che aveva caratterizzato gli ultimi decenni, influenzando tutti quanti, dagli uomini d’affari di Wall Street alle bande di strada.»

Mi fissò. «E quando si tratta di rapporti umani, siamo talmente pieni di pretese da renderli quasi impossibili.»

La sua osservazione mi fece pensare alle mie due ultime relazioni. Entrambe erano iniziate con grande intensità per fallire poi nel giro di un anno. Quando tornai a concentrarmi su Charlene mi accorsi che era rimasta pazientemente in attesa.

«Per l’esattezza, cosa stiamo facendo alle nostre relazioni affettive?» le chiesi.

«Ne ho parlato a lungo con il sacerdote», mi rispose. «E lui mi ha spiegato che quando due persone pretendono troppo, e ognuno dei due si aspetta che l’altro viva per forza nel suo mondo affiancandolo in tutte le sue attività, si scatena inevitabilmente un conflitto di personalità.»

Rimasi colpito. Quelle due relazioni erano davvero degenerate in lotte di potere. In entrambi i casi mi ero trovato coinvolto in un vero e proprio conflitto di impegni: il ritmo era stato troppo veloce e avevamo sempre poco tempo per coordinare le nostre idee a proposito di cosa fare, dove andare, quali interessi seguire. Alla fine la questione di chi dovesse avere il controllo e determinare l’andamento della giornata era diventata una difficoltà insormontabile.

«A causa di questa lotta per il controllo», proseguì Charlene, «il Manoscritto dice che per noi sarà molto difficile rimanere a lungo con la stessa persona.»

«Non mi sembra molto spirituale», osservai.

«E’ esattamente quello che ho detto al sacerdote», ribatté lei. «Mi ha raccomandato di tenere a mente che mentre la maggior parte dei recenti malesseri della società possono essere dovuti a questa irrequietezza e ricerca, il problema delle relazioni è invece temporaneo, e verrà risolto. Stiamo finalmente cominciando a renderci conto di cosa cerchiamo e di cosa sia in realtà questa esperienza più soddisfacente. Quando l’avremo compresa del tutto, avremo raggiunto la Prima Illuminazione.»

Nel frattempo era arrivato il pranzo. Restammo in silenzio alcuni minuti ad assaggiare le nostre pietanze mentre il cameriere ci versava il vino. Charlene si allungò per prendere un pezzo di salmone dal mio piatto, arricciando il naso e ridacchiando. Mi accorsi di quanto mi trovassi a mio agio con lei.

«Va bene», esclamai. «In cosa consiste l’esperienza che stiamo cercando? Che cos’è la Prima Illuminazione?»

Esitò, incerta su come iniziare.

«E’ difficile da spiegare. Il sacerdote l’ha messa in questi termini: ha detto che la Prima Illuminazione avviene quando ci rendiamo conto delle coincidenze che si presentano nella nostra vita.»

Si chinò verso di me. «Hai mai avuto un presentimento o un’intuizione a proposito di qualcosa che volevi fare, di un cambiamento che volevi imporre alla tua esistenza, senza però sapere come metterlo in pratica? E poi, dopo che te ne sei quasi dimenticato concentrandoti su altre cose, improvvisamente incontri qualcuno, leggi qualcosa o finisci in un posto che ti conduce proprio a quella stessa opportunità che avevi immaginato…

«Bene», continuò. «Secondo il sacerdote queste coincidenze avvengono sempre più frequentemente, colpendoci più di quanto ci si aspetterebbe dal caso puro e semplice. Sembrano dovute al destino, come se la nostra vita fosse guidata da una forza inspiegabile. L’esperienza provoca una sensazione di mistero ed eccitazione, e come risultato noi ci sentiamo più vivi.

«Il sacerdote mi ha spiegato che si tratta dell’esperienza che abbiamo solo intravisto e che adesso cerchiamo di rivivere in continuazione. Ogni giorno sempre più persone si convincono che questo misterioso movimento sia reale e abbia un significato, e che ci sia qualcosa oltre la vita di tutti i giorni. Questa presa di coscienza è la Prima Illuminazione.»

Mi guardò ansiosa, ma io non dissi nulla.

«Non capisci?» mi domandò. «La Prima Illuminazione è la nuova considerazione del mistero che circonda la vita di ognuno su questo pianeta. Viviamo queste strane coincidenze e anche se non le comprendiamo sappiamo che sono reali. Esattamente come ci accadeva durante l’infanzia, ci rendiamo conto che esiste un lato della vita che non abbiamo ancora scoperto, qualche altro processo che si sta svolgendo dietro la facciata esteriore.»

Charlene si era fatta ancora più vicina, gesticolando mentre parlava.

«Questa storia ti interessa sul serio, vero?» le chiesi.

«Ricordo che un tempo eri tu a parlare di queste esperienze», ribatté secca.

Il suo commento mi colpì. Aveva perfettamente ragione: c’era stato un periodo della mia vita in cui avevo sperimentato le coincidenze di cui parlava e avevo perfino cercato di capirle dal punto di vista psicologico. Ma a un certo punto del mio cammino avevo cambiato modo di vedere le cose: per chissà quale motivo avevo cominciato a considerare tali percezioni irreali e immature, arrivando al punto di non ammetterne più l’esistenza.

Fissai Charlene, esclamando in tono difensivo: «Probabilmente all’epoca stavo leggendo libri di filosofia orientale o misticismo cristiano. Ecco cosa ti ricordi. Comunque, in passato hanno scritto più volte di quella che tu definisci Prima Illuminazione. Che differenza può esserci adesso? In che modo la percezione di alcuni avvenimenti misteriosi può portare a una trasformazione culturale?»

Charlene abbassò per un istante lo sguardo sul tavolo, poi tornò a fissarmi. «Cerca di non fraintendermi. E’ naturale che questa presa di coscienza sia già stata provata e descritta. In effetti il sacerdote ha messo in evidenza il fatto che la Prima Illuminazione non è affatto una novità. Mi ha spiegato che nell’arco della storia le persone sono sempre state consapevoli di certe coincidenze inspiegabili, e che questa consapevolezza è responsabile di molti tentativi di elaborare filosofie e religioni. La differenza sta tutta nei numeri: secondo il sacerdote la trasformazione sta avvenendo adesso grazie alla quantità di persone che sta sperimentando contemporaneamente tale consapevolezza.»

«Cosa voleva dire esattamente?» le chiesi. «Secondo il Manoscritto il numero di individui consapevoli di tali coincidenze sarebbe aumentato in modo considerevole nel sesto decennio del ventesimo secolo. Questa crescita sarebbe durata fino a un dato periodo vicino all’inizio del secolo successivo, quando si sarebbe raggiunto un livello specifico di tali individui – un livello che io definirei come massa critica.

«Il Manoscritto predice», proseguì Charlene, «che una volta raggiunta questa massa critica l’intera cultura comincerà a prendere sul serio le esperienze fortuite. Ci chiederemo in massa quale processo misterioso sia alla base della vita umana su questo pianeta. E sarà proprio questa domanda, fatta nello stesso momento da un numero sufficiente di persone, a permettere anche a chi ne era stato escluso di raggiungere la piena consapevolezza – perché secondo il Manoscritto quando un numero adeguato di individui si interrogherà seriamente sul significato della vita noi cominceremo a scoprirlo. Le altre Illuminazioni verranno rivelate… una dopo l’altra.» Si fermò per inghiottire un boccone.

«E quando saremo consapevoli delle altre Illuminazioni ci sarà la svolta della nostra cultura?»

«Questo è ciò che mi ha detto il sacerdote», rispose. La guardai per un istante, contemplando l’idea di una massa critica, prima di riprendere: «Sai, mi sembra incredibilmente sofisticato per un Manoscritto redatto nel 600 a.C..»

«Lo so, è una questione che mi sono posta anch’io, ma il sacerdote mi ha assicurato che gli studiosi che lo hanno tradotto per primi erano del tutto convinti della sua autenticità. Soprattutto perché era scritto in aramaico, la stessa lingua in cui è stato redatto gran parte del Vecchio Testamento.»

«Aramaico in Sudamerica? Come ha fatto ad arrivarci nel 600 a.C.?»

«Il sacerdote non lo sapeva.» «La sua Chiesa tollera il Manoscritto?» «No. Mi ha raccontato che la maggior parte del clero ha cercato disperatamente di tenerlo nascosto. Per questo motivo non ha potuto dirmi il suo nome, anzi, il fatto stesso di averne parlato lo ha messo in grave pericolo.»

«Ti ha spiegato perché gli ecclesiastici sono così fermamente contrari?»

«Sì: perché quel documento mette in discussione l’integrità della loro religione.» «In che modo?»

«Non lo so con esattezza. Non mi ha dato molte spiegazioni, ma a quanto pare le Illuminazioni successive ripropongono alcune idee tradizionali della Chiesa in un modo che ha messo in allarme gli esponenti più anziani, i quali vogliono mantenere le cose immutate.» «Capisco.»

«Il sacerdote non crede che il Manoscritto possa minare i principi basilari della Chiesa, anzi, secondo lui ne chiarisce addirittura il significato. E’ convinto che i capi della Chiesa se ne renderebbero conto se cercassero di vedere ancora la vita come un mistero, procedendo poi attraverso le altre Illuminazioni.» «Ti ha detto quante sono queste Illuminazioni?» «No, ma ha nominato la Seconda: mi ha spiegato che si tratta di una più corretta interpretazione della storia recente, in grado di chiarire ulteriormente la trasformazione.» «Ha potuto spiegartela a fondo?»

«No, non ne ha avuto il tempo. Mi ha detto che doveva assentarsi per occuparsi di un affare urgente. Eravamo d’accordo di incontrarci a casa sua quel pomeriggio stesso, ma quando sono arrivata lui non c’era. L’ho aspettato inutilmente per tre ore e alla fine ho dovuto andarmene per prendere il volo di ritorno.» «Vuoi dire che non sei più riuscita a parlare con lui?» «Esatto. Da allora non l’ho più visto.» «E non hai mai ricevuto dal governo nessuna conferma riguardante il Manoscritto?» «Nessuna.» «Quando è successo?» «Circa un mese e mezzo fa.»

Continuammo a mangiare in silenzio per alcuni minuti. Alla fine Charlene sollevò lo sguardo e mi chiese: «Allora, cosa ne pensi?»

«Non saprei», risposi. Se una parte di me rimaneva scettica all’idea che gli esseri umani potessero davvero cambiare, ero comunque stupito al pensiero che un simile Manoscritto potesse realmente esistere.

«Ti ha mostrato una copia o qualcosa del genere?» le domandai.

«No. Ho solo i miei appunti.» Restammo ancora in silenzio.

«Sai, avevo pensato che ti saresti eccitato a sentire queste cose.»

La fissai. «Credo di aver bisogno di qualche prova che dimostri la veridicità di ciò che afferma il Manoscritto.» Charlene mi rivolse un ampio sorriso. «Che c’è?»

«E’ esattamente quello che ho detto anch’io.» «A chi, al sacerdote?» «Sì.»

«E lui cosa ti ha risposto?» «Mi ha detto che l’esperienza è la prova.» «In che senso?»

«Voleva dire che la nostra esperienza convalida le affermazioni del Manoscritto. Quando riflettiamo su come ci sentiamo dentro, sul modo in cui sta procedendo la nostra esistenza in questo periodo della storia, possiamo vedere che le idee espresse nel Manoscritto hanno un senso e sembrano vere.» Esitò. «Per te tutto ciò ha senso?»

Ci pensai un momento. C’era davvero una logica? Gli altri erano veramente irrequieti come me? Se lo erano, questa agitazione dipendeva dalla semplice percezione, costruita in trent’anni di vita, che nell’esistenza c’è qualcosa di più di quanto sappiamo, di quanto possiamo provare?

«Non ne sono sicuro», risposi alla fine. «Credo di aver bisogno di pensarci su.»

Uscii nel giardino del ristorante e rimasi in piedi accanto a una panchina di legno di cedro, davanti alla fontana. Alla mia destra potevo vedere le luci intermittenti dell’aeroporto, e sentivo rombare i motori di un jet pronto al decollo.

«Che fiori meravigliosi», esclamò Charlene alle mie spalle. Mi girai e la vidi arrivare lungo il sentiero, mentre ammirava le file di petunie e begonie che delimitavano l’area in cui ci si poteva sedere. Si fermò di fianco a me e io le misi un braccio intorno alle spalle, sentendomi assalire dai ricordi. Anni prima, quando vivevamo entrambi a Charlottesville, in Virginia, trascorrevamo insieme le serate a chiacchierare. La maggior parte delle nostre discussioni riguardava teorie accademiche e crescita psicologica. Eravamo chiaramente affascinati dagli argomenti che affrontavamo e da noi stessi, ma era incredibile come la nostra relazione fosse sempre rimasta platonica.

«Non so dirti quanto piacere mi abbia fatto rivederti», esclamò.

«Lo so. Incontrarti mi ha riportato alla mente un sacco di ricordi.»

«Chissà perché non siamo rimasti in contatto!»

La sua domanda mi fece tornare al passato. Ripensai all’ultima volta che l’avevo vista: io ero alla guida della mia auto e lei mi stava salutando. Era un periodo in cui mi sentivo pieno di nuove idee, e stavo tornando nella mia città natale per lavorare con bambini vittime di gravi maltrattamenti. Credevo di sapere come superassero certe reazioni intense, di capire quel modo di comportarsi ossessivo che impediva loro di continuare a vivere normalmente, ma con il passare del tempo il mio approccio era fallito ed ero stato costretto ad ammettere la mia ignoranza. Il modo in cui gli esseri umani si liberavano del loro passato per me era ancora un mistero.

Riesaminando gli ultimi sei anni ero sicuro che l’esperienza fosse stata utile, anche se al tempo stesso mi sentivo spinto a muovermi. Ma per andare dove? E a fare che cosa? Dai tempi in cui mi aveva aiutato a focalizzare le mie teorie sui traumi infantili mi era capitato di pensare a Charlene ben poche volte, e ora eccola tornata nella mia vita – e la nostra conversazione era eccitante come allora.

«Credo di essere rimasto completamente assorbito dal mio lavoro», le confidai.

«Anch’io. Al giornale c’era una storia dopo l’altra, non avevo il tempo di staccare gli occhi dalla scrivania e di pensare ad altro.»

Le strinsi affettuosamente una spalla. «Sai, Charlene, mi ero dimenticato come sia bello parlare con te: le nostre chiacchierate sono sempre così piacevoli e rilassanti.»

Lo sguardo e il sorriso che mi rivolse confermarono la mia sensazione. «Lo so, parlare con te mi ha sempre caricato di energia.»

Stavo per fare un altro commento quando mi accorsi che stava fissando un punto oltre le mie spalle, vicino all’entrata del ristorante, improvvisamente pallida e ansiosa.

«C’è qualcosa che non va?» le chiesi, girandomi a guardare in quella direzione. Alcune persone camminavano verso il parcheggio, chiacchierando indifferenti, e sembrava che non ci fosse nulla di insolito. Mi girai nuovamente a guardare Charlene, che aveva ancora un’aria allarmata e confusa. «Cos’è stato?» le chiesi di nuovo.

«Oltre la prima fila di auto – hai visto quell’uomo con la camicia grigia?»

Guardai ancora verso il parcheggio, e scorsi un altro gruppo di persone che stavano uscendo. «Quale uomo?»

«Credo che adesso non ci sia più», rispose, allungandosi per vedere meglio.

Mi fissò negli occhi. «Descrivendo l’uomo che mi ha rubato la valigetta, i clienti seduti agli altri tavoli hanno detto che aveva la barba e i capelli radi, e indossava un camicia grigia. Mi è sembrato di averlo visto laggiù vicino alle macchine… e ci guardava.» Sentii un nodo d’ansia allo stomaco. Dissi a Charlene che sarei tornato subito e mi diressi verso il parcheggio per dare un’occhiata più da vicino, stando attento a non allontanarmi troppo. Ma non vidi nessuno che corrispondesse a quella descrizione.

Quando tornai alla panchina Charlene mi venne vicino e mi chiese dolcemente: «Secondo te quella persona è convinta che io possieda una copia del Manoscritto, e per questo mi ha rubato la valigetta? Magari vuole riprovarci…»

«Non saprei, ma in ogni caso dobbiamo chiamare nuovamente la polizia e raccontare ciò che hai visto. Credo che dovrebbero anche controllare i passeggeri del tuo volo.»

Tornammo dentro, e quando arrivarono gli agenti li informammo di ciò che era successo. Per una ventina di minuti controllarono ogni auto, e alla fine ci spiegarono che non potevano perdere altro tempo. Accettarono comunque di controllare tutti i passeggeri del volo di Charlene.

Dopo che la polizia se ne fu andata ci trovammo ancora da soli in piedi vicino alla fontana.

«Di cosa stavamo parlando prima che io vedessi quell’uomo?» mi chiese.

«Stavamo parlando di noi due», le risposi. «Charlene, perché hai pensato di contattare proprio me per questa faccenda?»

Mi lanciò un’occhiata perplessa. «Perché quando ero in Perù e il sacerdote mi parlava del Manoscritto tu continuavi a venirmi in mente.»

«Davvero?»

«All’epoca non ci ho fatto molto caso ma più tardi, dopo essere tornata in Virginia, ogni volta che pensavo al Manoscritto mi venivi in mente tu. Sono stata più volte sul punto di chiamarti, ma c’era sempre qualcosa che mi distraeva. Poi mi hanno affiliato un incarico a Miami, dove sto andando, e dopo essere salita a bordo dell’aeroplano ho scoperto che avrei fatto scalo proprio qui. Appena atterrata ho cercato il tuo numero di telefono, e anche se la tua segreteria telefonica diceva di contattarti al lago solo in caso di emergenza ho deciso che sarebbe stato giusto chiamarti.»

La guardai per un istante, indeciso su cosa pensare. «Naturalmente», le risposi alla fine. «Sono felice che tu l’abbia fatto.»

Charlene diede un’occhiata all’orologio che aveva al polso. «Si sta facendo tardi, è meglio che vada all’aeroporto.»

«Ti accompagno», mi offrii.

Arrivammo al terminal principale e ci dirigemmo verso la zona di imbarco. Mi guardai intorno alla ricerca di qualcosa di insolito. Quando arrivammo le operazioni di imbarco erano già iniziate, e uno dei poliziotti che avevamo incontrato stava scrutando tutti i passeggeri. Gli andammo vicino e lui ci riferì di aver osservato tutti quelli che dovevano salire a bordo, ma nessuno di loro corrispondeva alla descrizione del ladro.

Lo ringraziammo e, dopo che lui se ne fu andato, Charlene mi guardò sorridendo. «Credo sia meglio che me ne vada», esclamò, allungandosi per abbracciarmi. «Questi sono i miei numeri di telefono. Stavolta cerchiamo di restare in contatto.»

«Senti, voglio che tu faccia molta attenzione. Se vedi qualcosa di strano chiama subito la polizia.»

«Non preoccuparti per me», replicò Charlene. «Andrà tutto bene.»

Per un ultimo istante ci fissammo intensamente negli occhi.

«Che cosa farai per il Manoscritto?» mi decisi a chiederle.

«Non lo so. Probabilmente aspetterò di sentire notizie in proposito.»

«E se dovessero distruggerlo?»

Charlene mi offrì un altro dei suoi incredibili sorrisi. «Sapevo che saresti rimasto incastrato! Che cosa hai intenzione di fare tu?»

Strinsi le spalle. «Vedrò se posso scoprire qualcos’altro.»

«Bene. Se ci riesci, fammelo sapere.»

Ci salutammo di nuovo e se ne andò. La guardai mentre si girava a farmi un cenno, poi scomparve lungo il corridoio d’imbarco. Tornai sul lago a bordo del mio furgone fermandomi solo una volta a far benzina.

Appena arrivato andai a sedermi in una delle sedie a dondolo sul portico. Il silenzio della sera era infranto dal canto dei grilli e delle rane, oltre che dal verso dei primi uccelli notturni in lontananza. Dall’altra parte del lago, a ovest, la luna era calata, riflettendo i suoi raggi sulla superficie dell’acqua.

La serata era stata interessante, ma io ero ancora scettico circa l’idea di una trasformazione culturale. Come molte altre persone ero stato preda dell’idealismo sociale degli anni Sessanta e Settanta, e persino degli interessi spirituali degli Ottanta. Ma era difficile giudicare cosa stesse realmente accadendo: quali potevano essere le nuove informazioni in grado di modificare l’umanità intera? Sembrava tutto troppo idealistico e forzato. In fin dei conti gli esseri umani vivevano da tempo immemore su questo pianeta: perché mai avrebbero dovuto raggiungere una nuova percezione proprio adesso, dopo così tanto tempo? Lasciai correre lo sguardo sull’acqua per un po’, poi spensi le luci e andai a leggere in camera da letto.

Il mattino dopo mi svegliai di soprassalto con un sogno ancora vivo nella mente. Per un istante fissai il soffitto, ricordando perfettamente ciò che avevo sognato. Stavo avanzando in una foresta immensa e splendida alla ricerca di qualcosa.

Cercando, mi ero trovato ad affrontare situazioni che mi facevano sentire completamente perso e confuso, incapace di decidere come procedere. Incredibilmente, tutte le volte appariva dal nulla una persona che sembrava avere l’incarico di chiarire le mie mosse successive. Non riuscii a individuare l’oggetto della mia ricerca, ma il sogno mi aveva comunque lasciato sollevato e sicuro di me.

Mi misi a sedere e notai un raggio di sole che filtrava dalla finestra, attraversava la stanza e faceva brillare i granelli di polvere. Aprii le tende: era una giornata radiosa, con il cielo blu e il sole luminoso. Una brezza gelida faceva oscillare dolcemente gli alberi. A quell’ora le acque del lago erano sicuramente increspate e luccicanti, e il vento avrebbe fatto rabbrividire un nuotatore.

Uscii fuori a tuffarmi. Risalii a galla e nuotai raggiungendo il centro del lago, girandomi sulla schiena per poter vedere le montagne così familiari. Il lago era incastonato in una profonda vallata in cui convergevano i crinali di tre montagne, un panorama splendido scoperto in gioventù da mio nonno.

Era ormai passato un secolo da quando mio nonno aveva attraversato per la prima volta quelle montagne, un esploratore bambino, un vero prodigio cresciuto in un mondo ancora selvaggio con puma, orsi e indiani Creek che vivevano in capanne primitive più a nord. A quell’epoca aveva giurato a se stesso che sarebbe andato a vivere in quella valle perfetta con gli alberi antichi e massicci e le sue sette fonti, e alla fine ce l’aveva fatta – aveva creato un lago e costruito un cottage, dal quale era poi partito per innumerevoli passeggiate con il suo nipotino. Anche se non avevo mai compreso del tutto l’attrazione che mio nonno provava per quella vallata, mi ero sempre impegnato a conservare la terra, anche quando la civilizzazione era avanzata arrivando a cingerla d’assedio.

Dal centro del lago potevo vedere una roccia particolare che emergeva vicino alla cima del crinale più a nord. Il giorno prima, seguendo la tradizione di mio nonno, mi ero arrampicato fin lassù cercando di trovare un po’ di pace nel panorama e nel modo in cui il vento soffiava fra le tre cime. Mentre me ne stavo là seduto sorvegliando il lago e il denso fogliame nella vallata ai miei piedi, avevo cominciato a sentirmi meglio come se l’energia e il panorama stessero rimuovendo un ostacolo che mi ostruiva la mente. Alcune ore più tardi avevo parlato con Charlene, e avevo sentito nominare per la prima volta il Manoscritto.

Nuotai verso riva e salii sul pontile di legno davanti alla casa. Ma tutto questo era troppo, perché io vi potessi credere. Voglio dire, me ne stavo nascosto in mezzo alle montagne, deluso dalla vita, quando a un tratto salta fuori Charlene e mi spiega le cause della mia irrequietezza – citando un vecchio manoscritto che promette di svelare il segreto dell’esistenza umana.

Ma al tempo stesso sapevo che l’arrivo di Charlene era proprio il tipo di coincidenza di cui parlava il Manoscritto, troppo improbabile per essere semplicemente frutto del caso. Era possibile che quell’antico documento dicesse il vero? Che avessimo lentamente creato, nonostante il nostro rifiuto e cinismo, una massa critica di persone consapevoli di queste coincidenze? Gli esseri umani erano dunque in grado di capire questo fenomeno e potevano finalmente comprendere il vero scopo dell’esistenza?

Mi domandai cosa avrebbe potuto essere questa nuova comprensione. Ce l’avrebbero forse detto le altre Illuminazioni del Manoscritto, così come aveva anticipato il sacerdote?

Dovevo prendere una decisione. A causa di quel manoscritto vedevo apparire nella mia vita una nuova direzione, un nuovo interesse. La questione era decidere cosa fare. Avrei potuto rimanere dov’ero o cercare il modo per continuare a indagare. Cercai di analizzare la questione del pericolo. Chi aveva rubato la valigetta di Charlene? Qualcuno era forse al lavoro per distruggere il Manoscritto? E io come avrei potuto scoprirlo?

Pensai a lungo a tutti i possibili rischi, ma alla fine il mio ottimismo ebbe il sopravvento. Decisi di non preoccuparmi: sarei stato molto attento e avrei agito con calma. Tornai in casa e telefonai all’agenzia di viaggi che aveva l’annuncio più vistoso sulle pagine gialle. L’agente con cui parlai mi assicurò che mi avrebbe organizzato il viaggio in Perù. Per puro caso avrei potuto approfittare di una cancellazione – si trattava di un volo completo di prenotazione già confermata presso un albergo di Lima. Mi disse che avrei ottenuto un grosso sconto sul pacchetto… se fossi partito nel giro di tre ore.

Tre ore?

 

 

 

UN PRESENTE PIÙ ESTESO

Dopo preparativi frenetici e una corsa folle sull’autostrada, arrivai all’aeroporto appena in tempo per ritirare il mio biglietto e prendere l’aereo per il Perù. Mi avviai verso la coda dell’aereo e mi lasciai cadere su un sedile accanto al finestrino, in preda alla stanchezza.

Pensai di schiacciare un sonnellino, ma quando mi allungai e chiusi gli occhi mi accorsi che non riuscivo a rilassarmi. Ero nervoso e perplesso per il viaggio. Ero forse impazzito a partire così senza nessuna preparazione? Dove sarei andato, e soprattutto, una volta in Perù, a chi mi sarei rivolto?

La sicurezza che avevo provato sul lago stava velocemente cedendo il posto allo scetticismo. Sia la Prima Illuminazione sia la trasformazione culturale tornarono a sembrarmi bizzarre e irreali. Per come la vedevo io, l’idea di una Seconda Illuminazione era altrettanto improbabile. Come avrebbe mai potuto una nuova prospettiva storica mettere in moto la nostra percezione delle coincidenze, rendendone consapevole la mente umana?

Mi allungai ancora un po’ e tirai un respiro profondo. Forse sarebbe stato un viaggio inutile, conclusi tra me, una veloce scappata in Perù e ritorno. Una perdita di denaro, magari, ma senza danni veri e propri.

L’aereo fece un balzo in avanti e rullò sulla pista. Chiusi gli occhi e sentii un leggero senso di vertigine mentre il gigantesco reattore raggiungeva la velocità critica e si alzava in una spessa nube. Quando raggiungemmo la quota di crociera riuscii finalmente a rilassarmi e mi addormentai. Trenta o quaranta minuti dopo una forte turbolenza mi svegliò, e ne approfittai per andare alla toilette.

Attraversando l’area riservata al bar notai in piedi, accanto a un finestrino, un uomo alto con un paio di occhiali rotondi, che parlava con una hostess. Mi lanciò una breve occhiata e riprese subito a parlare. Aveva i capelli castano scuro e dimostrava circa quarantacinque anni. Per un istante mi sembrò di riconoscerlo, ma dopo averlo osservato da vicino mi ricredetti. Passandogli accanto ebbi modo di captare un brandello di conversazione.

«Grazie lo stesso», diceva l’uomo. «Pensavo, dal momento che va spesso in Perù, che magari avesse sentito parlare del Manoscritto.» Si girò, avviandosi verso la parte anteriore dell’aereo.

Ero sconvolto. Possibile che stesse parlando di quel Manoscritto? Andai alla toilette e cercai di decidere cosa fare. Una parte di me voleva dimenticare l’episodio: probabilmente quell’uomo stava parlando di chissà cosa, magari di un altro libro.

Tornai al mio posto e chiusi nuovamente gli occhi, deciso a cancellare l’incidente, felice di non dover chiedere allo sconosciuto di cosa stesse parlando. Ma mentre me ne stavo là seduto ripensai all’eccitazione che avevo provato sulle rive del lago. E se quell’uomo avesse davvero avuto qualche informazione sul Manoscritto? Cosa sarebbe potuto accadere in quel caso? Se non mi fossi interessato non lo avrei mai saputo.

Dopo una lunga esitazione, alla fine mi alzai e andai verso la parte anteriore dell’aereo. L’uomo era a metà del corridoio. Proprio dietro di lui c’era un posto vuoto. Tornai indietro e dissi a una hostess che avevo deciso di spostarmi, raccolsi tutta la mia roba e andai a sedermi. Dopo alcuni minuti gli diedi un colpetto sulla spalla.

«Mi scusi», dissi. «L’ho sentita parlare di un manoscritto: si riferiva forse a quello trovato in Perù?»

La sua prima reazione fu sorpresa, poi cauta. «Sì», mi rispose esitante.

Mi presentai, spiegandogli che una mia amica era stata in Perù recentemente e mi aveva informato dell’esistenza del Manoscritto. A quel punto l’uomo si rilassò e disse di chiamarsi Wayne Dobson, assistente di storia alla New York University.

Mentre parlavamo scorsi lo sguardo irritato del signore seduto di fianco a me. Era appoggiato allo schienale e stava evidentemente cercando di dormire.

«Lei ha visto il Manoscritto?» chiesi al professore.

«Alcune parti. E lei?»

«No, ma la mia amica mi ha parlato della Prima Illuminazione.» L’uomo accanto a me cambiò posizione.

Dobson lo guardò. «Mi scusi, signore, mi rendo conto che la disturbiamo. Le spiacerebbe cambiare di posto con me?» «No», rispose l’uomo. «È senz’altro meglio.» Ci alzammo tutti, spostandoci in corridoio, poi io scivolai di nuovo nel posto accanto al finestrino e Dobson sedette di fianco a me.

«Mi racconti quello che ha sentito a proposito della Prima Illuminazione», mi disse Dobson.

Restai un attimo in silenzio cercando di ricapitolare tutto ciò che avevo capito. «Credo che la Prima Illuminazione sia la consapevolezza dei fatti misteriosi che cambiano la vita di una persona, la sensazione che sia in atto qualche altro processo.» Dicendo queste cose mi sentivo assurdo. Dobson si accorse del mio disagio. «Cosa ne pensa di questa consapevolezza?» «Non saprei.»

«Non si adatta molto al senso comune dei nostri giorni, vero? Non si sentirebbe meglio dimenticandosi di tutta questa faccenda e tornando a occuparsi di cose più pratiche?» Scoppiai a ridere, facendo cenno di sì con la testa. «Vede, questa è la tendenza generale. Anche se di tanto in tanto abbiamo la chiara visione che nella vita ci sia qualcosa di più, il nostro modo abituale di pensare ci porta a credere che sia impossibile riconoscere tali sensazioni, ignorando di conseguenza la relativa presa di coscienza. Ecco perché è necessaria la Seconda Illuminazione: se inseriamo la nostra nuova consapevolezza nel giusto scenario storico ci sembrerà senz’altro più valida.»

Feci un altro cenno d’assenso. «Dunque, in qualità di storico lei pensa che la predizione del Manoscritto riguardante una trasformazione globale sia esatta?» «Sì.»

«In qualità di storico?»

«Sì. Bisogna però considerare la storia nel modo esatto.» Tirò un respiro profondo. «Mi creda, io faccio questa affermazione dopo aver studiato e insegnato storia per molti anni nel modo sbagliato! Ero solito concentrarmi esclusivamente sui successi tecnologici della civiltà e sui grandi uomini che avevano reso possibili tali progressi.»

«Che cosa c’è di sbagliato in questo approccio?» «Niente, entro certi limiti. Ma ciò che conta davvero è la visione del mondo di ogni periodo storico, ciò che la gente sentiva e pensava. Mi ci è voluto molto tempo per capirlo. La storia dovrebbe fornire la conoscenza del contesto più ampio entro il quale si svolge la nostra vita: non è solo l’evoluzione della tecnologia, ma anche e soprattutto quella del pensiero. Se riusciamo a capire la realtà delle persone che ci hanno preceduto possiamo capire perché abbiamo una determinata visione del mondo e quale sia il nostro contributo per un ulteriore progresso. Si può dire che, identificando con precisione la nostra provenienza nel più ampio sviluppo della civiltà, possiamo capire dove stiamo andando.»

Fece una breve pausa prima di aggiungere: «L’effetto della Seconda Illuminazione è quello di fornire con esattezza questo tipo di prospettiva storica, almeno dal punto di vista del pensiero occidentale. Colloca le predizioni del Manoscritto in un contesto più ampio che le rende non solo più credibili ma addirittura inevitabili».

Chiesi a Dobson quante Illuminazioni avesse visto, e lui mi rispose di aver letto solo le prime due. Le aveva scovate, mi spiegò, dopo che alcune voci sul Manoscritto l’avevano spinto a un breve viaggio in Perù tre settimane prima.

«Una volta arrivato in Perù», continuò, «incontrai due persone che mi confermarono l’esistenza del Manoscritto, anche se apparivano terrorizzate solo a parlarne. Mi raccontarono che il governo era impazzito e stava minacciando anche fisicamente chiunque fosse in possesso di copie o si limitasse a divulgare informazioni.»

Si fece serio. «Ciò mi rese nervoso, ma più tardi in albergo un cameriere mi raccontò di un sacerdote che parlava spesso del Manoscritto. Quando mi riferì che il prete stava combattendo contro il governo, determinato a distruggere il documento, non potei fare a meno di andare nella casa in cui si diceva che questo religioso trascorresse gran parte del suo tempo.»

Dovetti sembrare stupito, perché Dobson mi chiese: «C’è qualcosa che non va?»

«La mia amica», gli risposi, «quella che mi ha parlato del Manoscritto, ha saputo tutto da un sacerdote. Non ha voluto dirle il suo nome, ma hanno discusso insieme della Prima Illuminazione. Avrebbe dovuto incontrarlo ancora ma lui non si è più fatto vedere.»

«Può darsi sia lo stesso uomo», osservò Dobson. «Neanch’io sono riuscito a trovarlo. La casa era sbarrata e sembrava disabitata.»

«Non l’ha mai visto?»

«No, ma decisi di dare un’occhiata in giro. Sul retro c’era un vecchio edificio adibito a magazzino, aperto, e per chissà quale ragione andai a esplorarne l’interno. Dietro a un mucchio di immondizia, sotto una trave, trovai la traduzione della Prima e della Seconda Illuminazione.»

Mi guardò con l’aria di chi la sa lunga. «Le è semplicemente capitato di trovarle?» «Sì.»

«E le ha portate con sé in questo viaggio?» Scrollò la testa. «No, ho pensato di studiarle attentamente e di lasciarle poi a qualche mio collega.»

«Potrebbe farmi un riassunto della Seconda Illuminazione?» gli chiesi.

Vi fu una lunga pausa, poi Dobson sorrise e annuì. «Credo sia il motivo per cui siamo qui.»

«La Seconda Illuminazione», mi spiegò, «inserisce la nostra attuale presa di coscienza in una prospettiva storica più ampia. Dopo tutto, quando gli anni Novanta saranno conclusi ci troveremo alla fine non solo del ventesimo secolo ma anche di un periodo storico di mille anni. Avremo terminato il secondo millennio. Per riuscire a comprendere dove siamo e cosa sta per accaderci, noi occidentali dobbiamo prima capire cosa è realmente avvenuto nell’arco di questi mille anni.» «Cosa dice esattamente il Manoscritto?» «Dice che alla fine del secondo millennio – e cioè adesso saremo in grado di vedere l’intero periodo storico nella sua completezza, identificando una particolare preoccupazione che si era sviluppata nella seconda metà di questo millennio in quella che è stata definita l’Era Moderna. La nostra consapevolezza delle coincidenze rappresenta oggi una sorta di risveglio da questa preoccupazione.»

«Ma in cosa consiste questa preoccupazione?» Mi rivolse un sorrisetto malizioso. «È pronto a rivivere il millennio?»

«Certo, dica pure.»

«Non è abbastanza che io gliene parli. Si ricordi ciò che ho detto prima: per capire la storia lei deve comprendere il modo in cui si è sviluppata la sua visione quotidiana del mondo, così come è stata creata dalla realtà delle persone che hanno vissuto prima di lei. Ci sono voluti mille anni perché si evolvesse la moderna visione del mondo e, per capire veramente dove si trova oggi, lei deve ritornare all’anno mille e avanzare poi attraverso il millennio in modo empirico, come se avesse effettivamente vissuto l’intero periodo storico nell’arco della sua vita.» «Come posso fare?» «La guiderò io.»

Esitai un istante, sbirciando fuori dal finestrino la terra che si estendeva sotto di noi. Cominciavo già a percepire il tempo in modo diverso.

Mi decisi infine ad accettare. «Ci proverò.» «Benissimo. Provi a immaginare di vivere nell’anno Mille in quello che abbiamo chiamato Medio Evo. La prima cosa da capire è che la realtà di questa epoca viene definita dai potenti ecclesiastici della Chiesa cristiana. Grazie alla loro posizione questi uomini avevano una grande influenza sulle menti del popolo. E il mondo da loro descritto come reale è prima di tutto spirituale. Essi creano una realtà che mette la loro teoria riguardante il progetto di Dio per il genere umano al centro stesso dell’esistenza.

«Provi a visualizzare questo», continuò Dobson. «Lei si ritrova nella stessa classe sociale di suo padre – che può essere un contadino o un aristocratico – e sa che per tutta la vita sarà confinato in tale ceto. Ma senza preoccuparsi della classe di cui fa parte o del lavoro specifico che è costretto a svolgere, lei si rende ben presto conto che la posizione sociale è secondaria rispetto alla realtà spirituale della vita come la definiscono gli ecclesiastici.

«Scopre quindi che la vita consiste nel superare una prova spirituale. Gli uomini di Chiesa spiegano che Dio ha messo l’uomo al centro del suo universo, circondato dal cosmo intero, per un solo scopo: ottenere o perdere la salvezza. E in questa prova lei deve scegliere correttamente tra due forze opposte: il potere di Dio e le tentazioni nascoste del diavolo.

«Deve rendersi conto che non sta affrontando questa contesa da solo», continuò. «In effetti, come individuo lei non è qualificato a determinare la sua posizione. Questa è di dominio degli uomini di Chiesa: sono loro a interpretare le Scritture e a dire in ogni momento se una persona si comporta seguendo le regole di Dio o se viene tratta in inganno da Satana. Se lei segue le loro istruzioni può essere sicuro che sarà ampiamente ricompensato nell’altra vita. Ma se non le tiene nel debito conto… l’aspettano la scomunica e la dannazione sicura.»

Dobson mi fissò con intensità. «Il Manoscritto dice che la cosa importante da capire è che ogni aspetto del mondo medievale è definito in termini ultra-mondani. Tutti i fenomeni della vita – dal temporale al terremoto, dall’abbondanza del raccolto alla morte di una persona cara – vengono definiti come espressione della volontà di Dio o della malvagità del demonio. Non esiste alcun concetto di clima, forze geologiche, orticoltura o malattia: tutto ciò sarà spiegato più in là nel tempo. Per il momento lei deve credere senza riserve agli uomini di Chiesa; il mondo che lei dà per scontato agisce esclusivamente secondo mezzi spirituali.»

Smise di parlare, fissandomi. «Mi segue?» «Sì, riesco a vedere quella realtà.»

«Bene, adesso provi a immaginare che quella realtà cominci a sgretolarsi.»

«In che senso?»

«La visione del mondo medievale, che è poi la sua, inizia ad andare a pezzi tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo. Per prima cosa lei nota alcune scorrettezze da parte degli ecclesiastici: per esempio la violazione del voto di castità, o una evidente complicità con il potere che viene alla luce quando i responsabili del governo violano le leggi delle Sacre Scritture.

«Queste improprietà la mettono in allarme perché gli uomini di Chiesa si sono sempre dichiarati l’unico legame fra l’uomo e Dio. Si ricordi che sono gli interpreti esclusivi delle Sacre Scritture, i soli arbitri della sua salvezza.

«Di colpo si trova nel mezzo di una improvvisa ribellione. Un gruppo guidato da Martin Lutero chiede il distacco totale dalla cristianità papale, dichiarando che gli ecclesiastici sono corrotti ed è quindi necessario che il loro controllo sulle menti della gente abbia fine. Sorgono così nuove Chiese basate sull’idea che ogni persona deve essere in grado di accedere direttamente alle Scritture e interpretarle come preferisce, senza nessun intermediario.

«Lei assiste sconvolto al successo di questa ribellione. Gli uomini di Chiesa cominciano a perdere. Per secoli hanno definito la realtà e ora, proprio davanti ai suoi occhi, stanno perdendo la loro credibilità. Di conseguenza il mondo intero viene messo in discussione. Il chiaro consenso circa la natura dell’universo e lo scopo dell’esistenza del genere umano, basato com’era sulla descrizione degli ecclesiastici, sta crollando – lasciando lei e tutti gli altri esseri umani che vivono secondo la cultura occidentale in una posizione molto precaria.

«Dopo tutto, lei è abituato ad avere un’autorità superiore che definisce la realtà e senza questa direzione esterna si sente perso e confuso. Se la definizione di realtà data dai preti e la loro giustificazione dell’esistenza umana sono sbagliate, si domanda lei, allora che cosa è giusto?»

Si fermò un istante. «Riesce a vedere che impatto ha avuto questo crollo sulla gente dell’epoca?»

«Immagino sia stato abbastanza sconvolgente.» «A dir poco», replicò Dobson. «Ci fu un cambiamento radicale. La visione del vecchio mondo veniva messa in discussione ovunque. Prima della fine del 1600 gli astronomi avevano dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che il sole e le stelle non ruotavano intorno alla terra come dichiarato dalla Chiesa. La terra non era altro che un minuscolo pianeta che orbitava intorno a un sole minore in una galassia contenente miliardi di astri.»

Si chinò verso di me. «Questo è importante: il genere umano ha perso la sua posizione al centro dell’universo di Dio. Vede l’effetto che ha avuto? Quello che lei prova ora vedendo il variare del clima, le piante che crescono o qualcuno che muore improvvisamente è una sensazione di ansiosa perplessità. In passato avrebbe detto che il responsabile era Dio o il diavolo, ma con il dissolversi della visione medievale questa certezza scompare. Tutte le cose che aveva dato per scontate hanno bisogno di una nuova definizione, specialmente per ciò che riguarda la natura di Dio e del rapporto tra Dio e l’uomo.

«Con tale consapevolezza», proseguì Dobson, «inizia l’Era Moderna. Con un crescente spirito democratico e una sfiducia diffusa nei confronti dell’autorità, papale o laica. Le definizioni dell’universo basate sulla speculazione o sulla fede nelle Scritture non vengono più automaticamente accettate. Nonostante la perdita di tali certezze la gente non è più disposta a rischiare che

qualche nuovo gruppo controlli la realtà come avevano fatto gli uomini di Chiesa. Se lei fosse stato presente all’epoca avrebbe partecipato alla creazione di un nuovo mandato per la scienza.» «Di cosa?»

Dobson scoppiò a ridere. «Lei avrebbe dato un’occhiata al vasto e indefinito universo e avrebbe pensato, proprio come facevano i filosofi, che era necessario trovare un metodo per creare un nuovo metro di giudizio, un modo per esplorare sistematicamente questo nuovo mondo. E avrebbe chiamato questo nuovo sistema di scoprire la realtà ‘metodo scientifico’, cioè verificare un’idea circa il funzionamento dell’universo, arrivare poi a una conclusione e offrire il risultato agli altri per vedere se sono d’accordo.

«Poi», continuò, «avrebbe istruito esploratori in grado di analizzare questo nuovo universo, tutti armati di metodo scientifico, e avrebbe affidato loro una missione storica: Esplorate questo luogo, scoprite come funziona e cosa significa il fatto che noi viviamo qui.

«Lei sapeva di aver perso la certezza di un universo governato da Dio e di conseguenza la certezza della natura di Dio stesso. Ma sentiva anche di avere un metodo, un processo per creare un’opinione pubblica con cui avrebbe potuto scoprire la natura di tutto ciò che la circondava, compresi Dio e il vero scopo dell’esistenza dell’umanità sul! pianeta. Così ha inviato esploratori alla scoperta della vera natura della vostra situazione che tornassero a riferire.» Si interruppe di nuovo.

«Il Manoscritto», riprese, «dice che a questo punto per noi uomini è iniziata la preoccupazione da cui ci stiamo liberando adesso. Abbiamo mandato in giro gli esploratori perché ci riportassero la spiegazione completa della nostra esistenza, ma a causa della complessità dell’universo i nostri inviati non riuscirono a fare ritorno in tempo.»

«In cosa consisteva la preoccupazione?» «Ritorni ancora a quel tempo», mi suggerì. «Quando il metodo scientifico non riuscì a scoprire una nuova immagine di Dio e dello scopo dell’umanità sulla terra, la mancanza di certezza e significato influenzò profondamente la cultura occidentale. Avevamo bisogno di qualcos’altro da fare finché non fossero emerse le risposte alle nostre domande. Alla fine giungemmo a quella che sembrava una soluzione perfettamente logica. Ci guardammo in faccia e: ‘Bene, dato che gli esploratori non sono ancora tornati per svelarci la nostra effettiva situazione spirituale, perché nell’attesa non ci sistemiamo meglio in questo mondo? Di sicuro stiamo imparando abbastanza per riuscire a utilizzare a nostro favore il nuovo universo: perché nel frattempo non ci diamo da fare per migliorare il nostro livello di vita e il senso di sicurezza?’»

Dobson mi sorrise. «Ed è proprio ciò che abbiamo fatto. Quattro secoli fa! Ci scrollammo di dosso quella sensazione di smarrimento prendendo possesso dei nostri destini, dedicandoci alla conquista della terra e allo sfruttamento delle sue risorse per migliorare la qualità di vita. Solo adesso, che ci avviciniamo alla fine del millennio, siamo in grado di vedere che cosa successe. La nostra concentrazione si era lentamente trasformata in una preoccupazione. Ci eravamo persi completamente sostituendo una sicurezza laica di tipo economico a quella spirituale di un tempo. La questione del perché vivevamo e degli eventi spirituali venne lentamente messa da parte e poi cancellata.»

Mi guardò intensamente e aggiunse: «Lavorare per raggiungere una alta qualità di vita è infine diventata l’unica ragione della nostra esistenza, e noi abbiamo gradualmente e sistematicamente dimenticato la domanda originaria… Abbiamo scordato che ancora oggi non sappiamo perché sopravviviamo».

Fuori dal finestrino, in lontananza sotto di noi, potevo distinguere una grande città. A giudicare dalla rotta doveva trattarsi di Orlando, in Florida. Rimasi colpito dallo schema geometrico di strade e viali, dalla configurazione così ordinata e precisa di ciò che gli esseri umani avevano costruito. Guardai Dobson: aveva gli occhi chiusi e sembrava stesse dormendo. Per un’ora mi aveva dato altre informazioni riguardanti la Seconda Illuminazione, finché era stato servito il pranzo. Mentre mangiavamo gli avevo raccontato di Charlene e del motivo per cui avevo deciso di andare in Perù. In seguito avevo avuto voglia solo di lasciar correre lo sguardo sulle formazioni di nubi, meditando su ciò che Dobson mi aveva raccontato.

«Allora, cosa ne pensa?» mi domandò a un tratto scrutandomi con aria assonnata. «E’ riuscito ad afferrare la Seconda Illuminazione?»

«Non ne sono sicuro.»

Indicò con un cenno del capo gli altri passeggeri. «Le sembra di avere una prospettiva più chiara sull’universo umano? Si è accorto di quanto siano preoccupati gli altri? Questa prospettiva spiega molte cose. Quante persone conosce ossessionate dal lavoro, che soffrono di malattie dovute all’eccessiva tensione e che non riescono a rallentare il ritmo? Non possono farlo perché usano le loro abitudini per distrarsi, per ridurre la vita alle considerazioni più pratiche. E lo fanno per non pensare all’incertezza del significato dell’esistenza.

«La Seconda Illuminazione amplia la nostra consapevolezza del tempo storico», aggiunse. «Ci insegna a osservare la cultura non solo dal punto di vista della nostra esperienza ma da quello di un intero millennio. Emerge così la nostra preoccupazione, e in questo modo siamo in grado di superarla. Lei ha appena sperimentato questa storia ampliata, e adesso vive in un presente più esteso. Guardando il genere umano dovrebbe riuscire a vedere la mania ossessiva che è l’intensa preoccupazione legata al progresso economico.»

«Ma cosa c’è di sbagliato in tutto ciò?» protestai. «È proprio quello che ha reso così grande la civiltà occidentale.»

Dobson scoppiò in una sonora risata. «Naturalmente lei ha ragione, nessuno afferma che ciò sia sbagliato. In effetti secondo il Manoscritto la preoccupazione è stata una forma di sviluppo necessario, una fase dell’evoluzione umana. A questo punto però abbiamo dedicato abbastanza tempo a sistemarci nel mondo. E’ arrivato il momento di destarci e prendere in esame la questione originaria: cosa c’è oltre la vita su questo pianeta? Qual è il vero motivo per cui ci troviamo qui?»

Lo fissai a lungo, poi mi decisi a chiedergli: «Lei crede che le altre Illuminazioni siano la risposta a queste domande?»

Dobson inclinò la testa. «Credo valga la pena di dar loro un’occhiata. Spero solo che nessuno distrugga il resto del Manoscritto prima di riuscire a scoprirlo.»

«Come è possibile che il governo peruviano creda di poter distruggere un documento così importante e di cavarsela senza problemi?» gli domandai.

«Ovviamente lo farebbero di nascosto», rispose. «La versione ufficiale è che non esiste nessun Manoscritto.»

«Mi sarei aspettato un attacco deciso da parte della comunità scientifica.»

L’espressione sul viso di Dobson era decisa. «Infatti. Questo è il motivo per cui sto tornando in Perù. Io rappresento una decina di importanti studiosi che hanno fatto richiesta affinché il documento originale venga reso pubblico. Ho inviato una lettera ai responsabili dei dipartimenti interessati del governo peruviano avvisandoli del mio arrivo e specificando che mi aspetto collaborazione.»

«Capisco. Mi domando quale sarà la loro reazione.»

«Probabilmente negheranno, ma almeno ci sarà stato un avvio ufficiale.»

Si girò dall’altra parte, profondamente assorto nei suoi pensieri, e io ripresi a guardare fuori dal finestrino. Vedendo la terra sotto di noi, mi trovai a pensare che la tecnologia dell’aeroplano su cui ci trovavamo racchiudeva quattro secoli di progresso. Avevamo imparato molto sul modo di utilizzare le risorse della terra. Mi chiesi quante persone, anzi, quante generazioni fossero state necessarie per creare i prodotti e la tecnologia che aveva permesso la fabbricazione di quell’aeroplano. E quanti avevano trascorso l’intera esistenza concentrandosi su un minuscolo dettaglio, un piccolissimo miglioramento, senza mai sollevare il capo dalla loro preoccupazione personale?

Improvvisamente, il periodo storico di cui Dobson e io avevamo discusso sembrò comporsi integralmente nella mia coscienza. Riuscivo a vedere con chiarezza l’intero millennio come se facesse parte della mia stessa vita. Un migliaio di anni prima avevamo vissuto in un mondo in cui Dio e la spiritualità umana erano chiaramente definiti. E poi l’avevamo perso, o meglio, avevamo stabilito che doveva esserci qualcosa di più. Proprio per questo avevamo inviato nel mondo gli esploratori che avrebbero dovuto scoprire la verità e tornare a informarci, e vedendo che ci mettevano troppo tempo avevamo cominciato a concentrarci su un altro scopo, nuovo e laico: quello di sistemarci il meglio possibile nel nostro mondo, rendendoci la vita più confortevole.

E infatti ci eravamo sistemati. Avevamo scoperto che i metalli potevano essere fusi per fabbricare utensili di ogni genere, avevamo scoperto poi forme di energia (prima il vapore, poi il gas, l’elettricità e infine la fissione nucleare) e organizzato l’agricoltura e la produzione di massa. Eravamo così arrivati a controllare immensi magazzini pieni di merci e vaste reti di distribuzione.

Alla base di tutto c’era la spinta al progresso, il desiderio di ogni individuo di provvedere alla propria sicurezza personale, suo scopo principale in attesa della rivelazione della verità. Avevamo deciso di creare una vita più piacevole per noi e i nostri figli, e nel giro di soli quattrocento anni la nostra preoccupazione aveva dato origine a un mondo in cui si produceva tutto ciò che era indispensabile a un migliore tenore di vita. Il problema era che la nostra spinta unidirezionale e ossessiva per la conquista della natura e del benessere aveva inquinato i sistemi naturali del pianeta, portandoli sulla soglia del collasso. Non potevamo più andare avanti in questo modo.

Dobson aveva ragione. La Seconda Illuminazione avrebbe reso inevitabile la nostra nuova consapevolezza. La nostra cultura stava per raggiungere lo scopo. Stavamo per ottenere ciò che avevamo collettivamente deciso di perseguire, e proprio mentre ciò accadeva la nostra preoccupazione cominciava a svanire e noi diventavamo consapevoli di qualcos’altro. Potevo quasi vedere l’impulso dell’Era Moderna diminuire d’intensità con l’avvicinarsi della fine del millennio. L’ossessione che durava da quattrocento anni si era ormai esaurita: avevamo creato i mezzi necessari alla sicurezza materiale e ora sembravamo pronti – anzi, decisi a scoprire perché l’avevamo fatto.

Sui volti dei passeggeri intorno a me potevo vedere le tracce della preoccupazione, ma mi sembrò di scorgere anche quelle della nuova consapevolezza. Mi chiesi in quanti avessero già notato le coincidenze.

L’aereo si inclinò in avanti e iniziò la sua discesa mentre l’assistente di volo annunciava che stavamo per atterrare a Lima.

Diedi a Dobson il nome del mio albergo e gli chiesi dove avrebbe soggiornato. Mi disse il nome del suo hotel, spiegandomi che si trovava solo a un paio di chilometri dal mio.

«Qual è il suo programma?» gli chiesi.

«Ci stavo pensando prima», mi rispose. «Credo che per prima cosa dovrei andare all’ambasciata americana e informarli del mio arrivo, così, per sicurezza.»

«Buona idea.»

«Dopo di che, ho intenzione di parlare con il maggior numero possibile di studiosi peruviani. Quelli che ho incontrato all’Università di Lima mi hanno già detto di non sapere nulla del Manoscritto, ma ce ne sono altri che hanno lavorato a vari scavi e che potrebbero essere più disposti a parlare. E i suoi piani?» «Non ne ho nessuno. Le spiace se mi aggrego?» «Nient’affatto, stavo per suggerirlo io!» Dopo l’atterraggio ritirammo i bagagli e decidemmo d’incontrarci più tardi al suo albergo. Uscii dall’aeroporto e salii su un taxi nella luce tenue del crepuscolo. L’aria era secca e il vento frizzante.

Allontanandomi in auto mi accorsi che un altro taxi si era velocemente piazzato dietro di noi, finendo poi imbottigliato nel traffico. Svoltammo varie volte, e il nostro inseguitore ci restò sempre alle calcagna. Riuscii a scorgere una figura solitaria sul sedile posteriore. Sentendomi assalire dal nervosismo chiesi all’autista, che parlava inglese, di non andare direttamente in albergo ma di fare un giro nei paraggi. Gli spiegai che mi interessava vedere il panorama, e lui ubbidì senza fare commenti. Il taxi continuava a seguirci. Che stava succedendo?

Quando arrivammo in albergo ordinai all’autista di rimanere in macchina, poi aprii la portiera e feci finta di pagare la corsa. Il taxi che ci seguiva accostò al marciapiede a poca distanza da noi, l’uomo scese e si incamminò verso l’entrata dell’hotel.

Balzai di nuovo in taxi e chiusi la portiera, ordinando all’autista di ripartire. Mentre ci allontanavamo a tutta velocità l’uomo corse in mezzo alla strada e ci osservò finché scomparimmo dalla sua visuale. Potevo vedere la faccia del mio autista dallo specchietto retrovisore, e mi accorsi che mi stava osservando, teso. «Mi spiace», esclamai. «Ma ho deciso di cambiare sistemazione.» Cercai di sorridere, poi gli diedi il nome dell’albergo di Dobson – anche se una parte di me voleva precipitarsi all’aeroporto e prendere il primo volo per gli Stati Uniti.

A un isolato circa dalla nostra destinazione chiesi all’autista di fermarsi. «Mi aspetti qui, torno subito.»

Le strade erano affollate, per la maggior parte indigeni peruviani. Ma vidi anche europei e americani, e la presenza dei turisti mi fece sentire al sicuro.

Arrivato a cinquanta metri dall’hotel mi fermai. Qualcosa non andava. A un tratto, proprio mentre stavo guardando, si sentirono grida e colpi di arma da fuoco. Le persone davanti a me si gettarono a terra, offrendomi una visuale completa. Dobson correva verso di me, con gli occhi sbarrati dal terrore. Alcuni uomini lo inseguivano. Uno sparò un colpo in aria e gli ordinò di fermarsi.

Quando Dobson mi fu abbastanza vicino mi riconobbe. «Corra!» mi urlò. «Per amor di Dio, si metta a correre!» Mi girai atterrito e mi infilai in un vicolo. Davanti a me la strada era sbarrata da una palizzata alta quasi un metro. Quando la raggiunsi saltai più in alto che potei e mi aggrappai alla sommità della staccionata spingendo dall’altra parte la gamba sinistra. Mentre scavalcavo guardai giù nel vicolo e vidi Dobson che correva disperatamente. Gli spararono altri colpi finché inciampò e cadde.

Continuai a correre alla cieca, saltando mucchi di immondizia e pile di cartoni. Per un istante mi sembrò di sentire un rumore di passi alle mie spalle, ma non ebbi il coraggio di voltarmi. Davanti a me il vicolo sfociava in una strada piena di gente apparentemente tranquilla. La raggiunsi e solo allora osai guardarmi alle spalle, con il cuore che mi batteva all’impazzata. Non vidi nessuno. Mi affrettai per confondermi in mezzo alla folla, domandandomi perché mai Dobson stesse correndo e se l’avessero ucciso.

«Aspetti un attimo», mormorò qualcuno alla mia sinistra. Mi misi a correre ma l’uomo allungò un braccio per trattenermi. «Per favore, aspetti un attimo», proseguì. «Ho visto quello che è successo, e vorrei aiutarla.»

«Chi è lei?» gli domandai tremando.

«Mi chiamo Wilson James», mi rispose. «Le spiegherò più tardi. Adesso dobbiamo andare via di qui.»

Qualcosa nella sua voce e nel suo modo di fare riuscì a calmarmi, e decisi di seguirlo. Ci incamminammo ed entrammo in un negozio di articoli in pelle. Il mio accompagnatore rivolse un cenno d’intesa all’uomo in piedi dietro al bancone e mi condusse in una stanzetta ammuffita sul retro. Appena entrato si chiuse la porta alle spalle e tirò le tendine.

Era un uomo sulla sessantina, anche se lo faceva sembrare più giovane il bagliore del suo sguardo. Dalla pelle scura e dai capelli neri sembrava peruviano, ma l’inglese che parlava aveva un accento quasi americano. Indossava una maglietta blu girocollo e un paio di jeans.

«Qui sarà al sicuro per un po’», disse. «Perché la inseguivano?»

Non risposi.

«Lei è qui per il Manoscritto, vero?» continuò. «Come fa a saperlo?»

«Immagino che l’uomo che era con lei fosse qui per lo stesso motivo.»

«Sì. Si chiama Dobson. Come fa a sapere che eravamo in due?»

«Ho una stanza che dà sul vicolo, e guardavo fuori dalla finestra mentre vi inseguivano.»

«Dobson è stato colpito?» gli chiesi, terrorizzato dalla possibile risposta.

«Non lo so, non sono riuscito a vedere. Ma quando mi sono accorto che lei era sfuggito sono sceso di corsa dalle scale di servizio per riuscire a raggiungerla. Ho pensato che avrei potuto esserle d’aiuto.» «Perché?»

Mi fissò per un istante, come se non sapesse che cosa rispondermi, poi la sua espressione si fece più amichevole. «Lei non mi capirà di sicuro, ma io me ne stavo là alla finestra quando mi è venuto in mente un mio vecchio amico che adesso è morto. Ed è morto proprio perché pensava che la gente dovesse sapere del Manoscritto. Appena ho visto cosa stava succedendo nel vicolo ho sentito di dovervi aiutare.»

Aveva ragione, non capivo, ma provavo comunque la sensazione che quell’uomo fosse sincero. Stavo per fargli un’altra domanda quando riprese a parlare.

«Possiamo discuterne più tardi, credo che adesso sia meglio spostarci in un luogo più sicuro.»

«Aspetti un attimo, Wilson», lo interruppi. «Io voglio semplicemente tornarmene negli Stati Uniti. Come posso fare?»

«Chiamami Wil. Credo che non dovresti provare all’aeroporto, almeno per il momento. Se ti stanno ancora cercando sarà il primo posto che controlleranno. Ho degli amici che abitano fuori città e che possono tenerti nascosto. Esistono vari modi per uscire dal paese, e quando sarai pronto i miei amici ti mostreranno dove andare.»

Aprì la porta e controllò l’interno del negozio, poi uscì a dare un’occhiata in strada. Quando tornò mi fece cenno di seguirlo. Ci incamminammo verso una jeep blu. A bordo, mi accorsi che il sedile posteriore era pieno di viveri, tende e borse, come se ci fosse in programma una lunga gita.

Viaggiammo in silenzio. Mi appoggiai allo schienale, cercando di pensare, ma avevo lo stomaco contratto dalla paura. Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. E se mi avessero arrestato, gettandomi in un carcere peruviano, o addirittura ucciso? Dovevo valutare con chiarezza la mia situazione: ero senza vestiti di ricambio ma in compenso avevo del denaro e una carta di credito, e per chissà quale ragione mi fidavo di Wil.

«Che cosa avevate fatto tu e – come si chiamava, Dobson? per farvi inseguire da quella gente?»

«Niente, che io sappia. Avevo incontrato Dobson in aereo. Lui è uno storico ed è venuto qui in Perù per indagare ufficialmente sul Manoscritto per conto di un gruppo di studiosi.»

Wil sembrò sorpreso. «Il governo era al corrente del suo arrivo?»

«Sì, aveva scritto ad alcuni membri del governo avvisandoli che si aspettava la loro collaborazione. Non posso credere che abbiano cercato di arrestarlo: non aveva nemmeno con sé le sue copie.»

«Dobson possiede copie del Manoscritto?» «Solo delle prime due Illuminazioni.» «Non avevo idea che ci fossero delle copie negli Stati Uniti. Dove le ha prese?»

«Nel corso di un viaggio precedente gli avevano raccontato che un certo sacerdote sapeva del Manoscritto. Non riuscì a trovarlo, ma scoprì le copie delle Illuminazioni nascoste dietro la sua abitazione.»

Wil si fece improvvisamente triste. «José.» «Chi?» domandai.

«Era l’amico di cui ti ho parlato, quello che è stato ucciso. Voleva che più gente possibile fosse a conoscenza del Manoscritto.» «Che cosa gli è successo?»

«È stato ucciso, non si sa da chi. Il suo corpo è stato ritrovato nella foresta a molti chilometri da casa sua. Io credo siano stati i suoi nemici.» «Il governo?»

«Alcuni del governo, alcuni della Chiesa.» «La sua stessa Chiesa sarebbe arrivata a tanto?» «Forse, dato che è segretamente avversa al Manoscritto. Ci sono pochi sacerdoti che capiscono il valore del documento e lo difendono di nascosto. Ma devono stare molto attenti. José

invece ne parlava apertamente con chiunque fosse interessato. Era da mesi che lo avvisavo di essere più prudente, di smetterla di distribuire copie in giro, ma lui mi rispondeva sempre che stava facendo ciò che sapeva di dover fare.»

«Quando fu scoperto il Manoscritto?» gli domandai.

«Venne tradotto per la prima volta tre anni fa, ma nessuno sa quando fu scoperto. L’originale restò in circolazione per alcuni anni fra gli Indiani, almeno così pensiamo, finché fu trovato da José che lo fece tradurre. Naturalmente quando la Chiesa scoprì il contenuto del Manoscritto cercò di distruggerlo. Ora abbiamo solo delle copie, siamo convinti che siano riusciti a distruggere l’originale.»

Wil si era diretto a est, fuori dalla città, e in quel momento ci trovavamo su una strada a due corsie piuttosto stretta che attraversava una zona di canali. Oltrepassammo numerose casette di legno e un ampio pascolo cintato.

«Dobson ti ha parlato delle prime due Illuminazioni?» mi chiese Wil.

«Mi ha raccontato della Seconda Illuminazione, e una mia amica mi ha descritto la Prima. Ne era stata informata da un sacerdote. Immagino si trattasse di José.»

«Capisci il significato di queste due Illuminazioni?»

«Credo di sì.»

«Ti rendi conto che gli incontri casuali hanno spesso un significato molto più profondo?»

«Sembra che questo viaggio sia stato un vero e proprio susseguirsi di coincidenze», gli feci notare.

«Accade quando si diventa consapevoli e si entra in contatto con l’energia.»

«In contatto?»

Wil sorrise. «Questo è un concetto di cui si parla più in là nel Manoscritto.»

«Mi piacerebbe saperne di più.»

«Ne parleremo dopo», tagliò corto svoltando in un vialetto. A un centinaio di metri c’era una casetta di legno. Wil si fermò ai piedi di un albero gigantesco a destra dell’abitazione.

«Il mio amico lavora per il proprietario di una grossa fattoria che possiede gran parte della terra in questa zona. Si tratta di un uomo molto potente che sostiene segretamente il Manoscritto. Qui sarai al sicuro.»

Si accese una luce sul portico. Un peruviano piccolo e tozzo uscì di corsa dalla casa rivolgendoci un ampio sorriso ed esclamando entusiasticamente qualcosa in spagnolo. Si avvicinò alla jeep, diede a Wil una pacca sulla schiena e mi guardò amichevolmente. Prima di presentarci Wil gli chiese di parlare in inglese.

«Ha bisogno d’aiuto», gli spiegò. «Vuole tornare negli Stati Uniti ma deve stare molto attento. Credo che dovrò lasciarlo con te.»

L’uomo fissò attentamente Wil. «Stai nuovamente andando a cercare la Nona Illuminazione, vero?»

«Sì», ammise Wil, scendendo dalla jeep.

Aprii la portiera e scesi anch’io. Wil e il suo amico si erano avviati verso la casa, immersi in una conversazione che io non potevo sentire.

Mentre mi avvicinavo l’uomo esclamò: «Comincio subito con i preparativi». Appena si allontanò, Wil si girò verso di me.

«Cosa voleva dire a proposito della Nona Illuminazione?» gli chiesi.

«Si tratta della parte del Manoscritto che non è mai stata trovata. Nel testo originale c’erano Otto Illuminazioni ma ne veniva citata un’altra, la Nona. Molta gente ha provato a cercarla.»

«Tu sai dove si trova?»

«No, non esattamente.»

«Allora come farai a trovarla?»

Wil sorrise. «Nello stesso modo in cui José ha trovato le otto originali, e tu le prime due prima di trovare me. Se una persona è in grado di collegare e accumulare abbastanza energia, gli avvenimenti casuali iniziano a verificarsi con una notevole frequenza.»

«Dimmi come si fa», lo implorai. «Di che Illuminazione si tratta?»

Wil mi scrutò come se volesse capire fino a che punto ero in grado di comprendere. «Il modo per entrare in contatto con l’energia non riguarda una sola Illuminazione ma tutte quante. Ti ricordi il punto della Seconda Illuminazione in cui si cita la missione degli esploratori, inviati nel mondo per scoprire con metodi scientifici il significato della vita su questo pianeta e che non sono mai ritornati?» «Sì.»

«Bene, le altre Illuminazioni rappresentano le risposte tanto attese. Non provengono però dalla scienza istituzionale, ma da aree diverse di indagine. Le scoperte della fisica, della psicologia, del misticismo e della religione si riuniscono in una nuova sintesi basata sulla percezione delle coincidenze.

«Stiamo imparando nei dettagli il significato delle coincidenze, oltre al loro funzionamento, e nel farlo costruiamo una visione della vita completamente nuova, Illuminazione dopo Illuminazione.»

«Voglio sapere tutto su ogni Illuminazione», esclamai. «Puoi spiegarmele prima di partire?»

«Mi sono accorto che non funziona in questo modo. Devi scoprirle tu stesso una alla volta, e ognuna in modo diverso.»

«Come?»

«Succede e basta. Non servirebbe a nulla se te ne parlassi io: tu potresti avere le informazioni relative a ognuna ma ti sfuggirebbero le Illuminazioni stesse. Devi scoprirle da solo nel corso della tua esistenza.»

Ci fissammo in silenzio, poi Wil sorrise. Parlare con lui mi faceva sentire incredibilmente vivo.

«Perché vai a cercare la Nona Illuminazione proprio adesso?»

«E’ il momento giusto. Ho fatto la guida da queste parti, conosco i luoghi e sono informato su tutte e otto le Illuminazioni. Quando ero affacciato alla mia finestra sul vicolo, pensando a José, avevo già deciso di andare un’altra volta a nord. La Nona Illuminazione è là da qualche parte, lo so, e io non sto certo ringiovanendo. Come se non bastasse, ho avuto una visione di me stesso nell’atto di trovare l’Illuminazione e di realizzarne il contenuto. So che si tratta della più importante, quella che mette tutte le altre nella giusta prospettiva e ci dà il vero significato della vita.»

Si interruppe di colpo, diventando pensoso. «Sarei partito mezz’ora prima, ma avevo la strana sensazione di essermi dimenticato qualcosa.» Si fermò di nuovo. «E in quel preciso istante sei apparso tu.»

Ci guardammo a lungo.

«Credi che dovrei venire con te?» mi decisi a chiedergli.

«Tu che ne pensi?»

«Non saprei», gli risposi, incerto. Ero confuso. La storia del mio viaggio peruviano mi passò come un film davanti agli occhi:

Charlene, Dobson, ora Wil. Ero venuto in Perù spinto da una lieve curiosità e ora mi ritrovavo nascosto, un fuggitivo involontario che non sapeva nemmeno chi fossero i suoi inseguitori. Ma la cosa più strana era che invece di sentirmi terrorizzato e in preda al panico, in quel momento mi sentivo incredibilmente eccitato. Anziché ricorrere a tutto il mio ingegno e all’istinto di sopravvivenza per trovare il sistema di tornare a casa, in realtà desideravo sopra ogni cosa partire con Wil per cacciarmi sicuramente in guai ancora più grossi.

Mentre consideravo le mie possibilità, mi resi conto di non avere scelta. La Seconda Illuminazione mi aveva impedito di tornare alle mie antiche preoccupazioni. Se volevo mantenere la mia consapevolezza, dovevo andare avanti.

«Ho intenzione di fermarmi per la notte», mi spiegò Wil. «Così hai tempo fino a domani mattina per decidere.» «Ho già deciso», lo informai. «Voglio partire.»

 

 

 

UNA QUESTIONE DI ENERGIA

Ci alzammo all’alba e ci dirigemmo in auto verso est, immersi nel silenzio più totale. Prima di partire Wil si era limitato a dirmi che avremmo attraversato le Ande passando per quella che lui aveva chiamato la Selva Superiore, una zona di colline boschive e altipiani.

Gli avevo rivolto varie domande a proposito delle sue esperienze precedenti nonché della nostra attuale destinazione, ma ogni volta lui aveva gentilmente evitato l’argomento facendomi capire che voleva concentrarsi sulla guida. Alla fine avevo smesso di parlare e mi ero messo a osservare il paesaggio. La vista dalla cima delle montagne era a dir poco stupefacente.

Intorno a mezzogiorno, giunti sull’ultima cima che delimitava la selva ci fermammo in uno spiazzo panoramico. Mangiammo qualche panino restando seduti nella jeep e lasciando correre lo sguardo sull’ampia e deserta vallata che si stendeva davanti a noi. Dalla parte opposta della valle si ergevano delle colline più basse dalla vegetazione lussureggiante. Mentre mangiavamo Wil mi spiegò che avremmo trascorso la notte alla Residenza del Viciente, una vecchia tenuta del diciannovesimo secolo, appartenuta alla chiesa cattolica spagnola. L’attuale proprietario era un suo amico, mi spiegò Wil, e aveva trasformato la tenuta in un luogo di soggiorno particolarmente indicato per convegni scientifici e d’affari.

Dopo questa breve spiegazione ci rimettemmo in marcia, proseguendo sempre in silenzio. Un’ora dopo arrivammo al Viciente e, oltrepassato un ampio cancello in pietra e ferro, avanzammo verso nord-est lungo uno stretto vialetto di ghiaia. Ancora una volta provai a fare qualche domanda sul Viciente e sul motivo della nostra presenza lì, ma, come prima, Wil evitò di rispondermi, suggerendomi, anzi, di concentrarmi sul paesaggio.

Rimasi subito colpito dalla bellezza del Viciente. Eravamo circondati da pascoli e frutteti colorati, e persino l’erba sembrava insolitamente verde e fitta. Il prato era rigoglioso anche sotto le querce gigantesche. Gli alberi erano piantati ogni cento metri e avevano un fascino indefinibile.

Dopo quasi un chilometro la strada curvava a est, saliva leggermente, e in cima alla collina c’era l’albergo, un grosso edificio in stile spagnolo costruito con travi e pietra grigia a vista. Sembrava potesse contenere almeno cinquanta camere. Un ampio portico cintato occupava l’intera parete meridionale. Nel giardino c’erano altre querce gigantesche, aiuole di fiori esotici e sentieri delimitati da felci e splendidi fiori. Gruppi di persone chiacchieravano tranquillamente sul portico e fra gli alberi.

Quando scendemmo dalla jeep Wil rimase un attimo a fissare il paesaggio. Oltre l’albergo, verso est, il terreno digradava dolcemente fino ad appiattirsi per lasciare spazio a prati e boschi. In lontananza si intravedeva il profilo bluastro e purpureo di un’altra fila di colline.

«E’ meglio che entri a controllare se c’è posto», esclamò Wil. «Perché non dai un’occhiata in giro? Vedrai che questo posto ti piacerà!»

«Ne sono sicuro!»

Mentre si allontanava si girò a guardarmi un’ultima volta. «Cerca di dare un’occhiata ai giardini di ricerca. Ci vediamo all’ora di cena.»

Era evidente che mi stava lasciando da solo per qualche motivo particolare, ma non persi tempo a chiedermi quale: mi sentivo in ottima forma e non ero per niente preoccupato. Wil mi aveva spiegato che, grazie alla notevole quantità di dollari che il Viciente faceva entrare nel paese con il turismo, il governo aveva sempre riservato al posto un trattamento di favore, nonostante vi si discutesse frequentemente del Manoscritto.

Attratto da alcuni grossi alberi e da un sentiero tortuoso che portava a sud mi avviai in quella direzione. Quando fui vicino agli alberi mi accorsi che il viottolo proseguiva oltre un piccolo cancello di ferro con alcuni gradini di pietra che portavano a un prato pieno di fiori selvatici. In lontananza potevo distinguere un frutteto, un torrente e la foresta che riprendeva vigore. Giunto al cancello mi fermai e respirai più volte a fondo, ammirando la bellezza che si stendeva sotto di me.

«È veramente delizioso, non crede?» chiese una voce alle mie spalle.

Mi girai di scatto, trovandomi davanti una donna sulla quarantina che portava uno zaino.

«Davvero», risposi. «Non ho mai visto niente di simile.» Per un istante guardammo i campi e le piante tropicali coltivate sulle terrazze digradanti intorno a noi, finché mi decisi a chiedere: «Sa per caso dove si trovano i giardini di ricerca?» «Certo, ci sto proprio andando. Le mostrerò la strada.» Dopo le presentazioni scendemmo i gradini e ci avviammo lungo il sentiero che portava a sud. La donna si chiamava Sarah Lorner, aveva i capelli biondi, gli occhi blu e avrebbe potuto essere definita una ragazzina se non fosse stato per i suoi modi sostenuti. Camminammo in silenzio per alcuni minuti. «E la tua prima visita?» mi chiese. «Sì, e non ne so molto di questo posto.» «Io faccio avanti e indietro da quasi un anno, e quindi posso darti qualche informazione. Una ventina d’anni fa questa proprietà divenne famosa come luogo di ritrovo per gli studiosi di tutto il mondo. Varie organizzazioni scientifiche vi organizzavano i loro incontri, gente che si occupava soprattutto di fisica e biologia. Finché, alcuni anni fa…»

Si interruppe e mi fissò. «Hai mai sentito parlare del Manoscritto ritrovato qui in Perù?»

«Sì, ho saputo qualcosa sulle prime due Illuminazioni.» Avrei voluto dirle quanto ero rimasto affascinato da quel documento ma riuscii a trattenermi, incerto se fosse il caso di fidarsi completamente di lei.

«Lo immaginavo», fu il suo commento. «Mi è sembrato che tu stessi assorbendo l’energia di questo luogo.»

Stavamo attraversando un ponte di legno che sovrastava il ruscello. «Quale energia?» le chiesi.

Si fermò, appoggiandosi al parapetto. «Tu sai qualcosa a proposito della Terza Illuminazione?» «Nulla.»

«Descrive una nuova comprensione del mondo fisico, spiegando che impareremo a percepire quella che in passato era una forma invisibile di energia. L’albergo è diventato un centro di incontro per tutti gli scienziati interessati allo studio e alla discussione di questi fenomeni.»

«Allora gli studiosi credono che questa energia sia reale?» Riprendendo a camminare, la donna attraversò il ponte. «Solo alcuni», mi spiegò. «E così a volte noi finiamo nei guai.» «Questo significa che anche lei è una scienziata?» «Insegno fisica in un piccolo college del Maine.» «Come mai non siete tutti d’accordo?» Sarah restò in silenzio, assorta nei suoi pensieri. «Devi capire la storia della scienza», cominciò a spiegarmi, guardandomi con aria interrogativa quasi a chiedermi se volessi approfondire l’argomento. Le feci cenno col capo di proseguire.

«Prova a pensare per un attimo alla Seconda Illuminazione. Dopo la caduta della visione medievale del mondo, qui in Occidente ci siamo improvvisamente accorti di vivere in un universo del tutto sconosciuto, e per riuscire a comprenderne la natura sapevamo di dover separare in qualche modo la realtà dalla superstizione. A questo proposito noi studiosi abbiamo assunto un particolare atteggiamento noto come scetticismo scientifico, grazie al quale è necessario provare ogni nuova affermazione sul funzionamento del mondo. Prima di credere volevamo avere un riscontro tangibile e manifesto, e ogni ipotesi non dimostrabile dal punto di vista fisico veniva sistematicamente scartata.»

«Questo comportamento», proseguì, «fu molto utile con i fenomeni naturali più evidenti, con oggetti come le rocce, i corpi e gli alberi, dei quali anche i più scettici non avrebbero potuto negare l’evidenza. Avanzammo a gran velocità, dando un nome a ogni parte del mondo fisico e cercando di scoprire perché l’universo funziona in un certo modo. Alla fine giungemmo alla conclusione che tutto ciò che accade in natura agisce seguendo una legge, e ogni avvenimento ha una causa diretta fisica e comprensibile.» Mi rivolse un sorriso malizioso. «Vedi, sotto molti punti di vista gli studiosi non erano poi molto diversi dalle altre persone: la decisione di governare il luogo in cui ci trovavamo fu infatti presa collettivamente. L’idea di base era quella di creare una comprensione dell’universo che facesse apparire il mondo come un luogo sicuro e governabile, e lo scetticismo ci aiutava a restare concentrati sui problemi reali che avrebbero reso più sicura la nostra esistenza.»

Dopo aver attraversato un praticello avevamo seguito il sentiero serpeggiante dal ponte fino a una zona fitta di alberi. «Grazie a questo atteggiamento», riprese Sarah, «la scienza rimosse sistematicamente dal mondo tutto ciò che era incerto ed esoterico. Giungemmo così alla conclusione, seguendo il pensiero di Isacco Newton, che l’universo agiva sempre in modo prevedibile, simile a un enorme macchinario: per lungo tempo non fu possibile dimostrare altro. Gli avvenimenti che accadevano in contemporanea con altri fatti, ma non avevano nessun collegamento causale con essi, venivano attribuiti alla sorte.

«Poi furono fatte due scoperte che aprirono nuovamente i nostri occhi ai misteri dell’universo. Negli ultimi decenni si è scritto molto a proposito della rivoluzione della fisica, ma in realtà i cambiamenti hanno avuto origine dalla scoperta della meccanica dei quanti e dall’opera di Albert Einstein.

«Il lavoro di Einstein ci avrebbe dimostrato che ciò che noi percepiamo come materia solida consiste principalmente in uno spazio vuoto attraversato da un flusso di energia di cui noi stessi facciamo parte. La fisica dei quanti ha invece provato che quando guardiamo questi modelli di energia a livelli sempre più piccoli possiamo vedere qualcosa di davvero sorprendente. Alcuni esperimenti hanno rivelato che quando si frantuma questa energia in minuscole parti (quelle che si chiamano particelle elementari) e cerchiamo di osservare come agiscono, l’atto stesso di osservare altera i risultati – come se il loro comportamento venisse influenzato dalle aspettative di chi compie l’esperimento. Ciò accade anche quando le particelle appaiono in luoghi in cui, secondo le leggi dell’universo così come le conosciamo, non sarebbe possibile: in due posti diversi nello stesso momento, avanti o indietro nel tempo, tanto per capirci.»

Si fermò di nuovo. «In altre parole, la materia basilare dell’universo, il suo stesso centro, si presenta come una specie di energia pura che si piega alle intenzioni e aspettative umane in un modo che sfida l’antico modello meccanicistico del cosmo – come se le nostre speranze proiettassero nel mondo la nostra energia, influenzando altri sistemi energetici. Il che, naturalmente, è esattamente ciò che la Terza Illuminazione ci porterà a credere.»

Scrollò la testa. «Sfortunatamente, la maggior parte degli studiosi non prende sul serio questa teoria. Preferisce rimanere scettica, aspettando che riusciamo a dimostrarlo.»

«Ehi, Sarah, siamo qua!» risuonò una voce in lontananza. A una cinquantina di metri sulla destra, in mezzo agli alberi, scorgemmo qualcuno che faceva dei cenni con la mano.

Sarah mi guardò. «Devo scambiare qualche parola con quelle persone. Ho con me una traduzione della Terza Illuminazione, se vuoi puoi andare a leggertela in un posto tranquillo intanto che mi aspetti.»

«Lo farò volentieri.»

Prese dallo zaino un fascicolo e me lo porse, prima di allontanarsi.

Mi guardai intorno alla ricerca di un posto per sedermi. In quel punto c’erano molti cespugli ma l’erba era bagnata. Verso est il terreno saliva verso quella che sembrava un’altra collina. Decisi di incamminarmi in quella direzione alla ricerca di un pezzo di terra asciutta.

Giunto in cima alla salita rimasi colpito dall’incredibile bellezza di quell’angolo di mondo. Le querce nodose erano a un metro e mezzo di distanza l’una dall’altra, e le loro folte chiome si univano in cima, creando così un’arcata verde. Vi crescevano piante tropicali, alte più di un metro, dalle foglie gigantesche larghe una ventina di centimetri, felci enormi e cespugli dai lussureggianti fiori bianchi. Mi sedetti in un angolo asciutto, inspirando a pieni polmoni l’odore pungente delle foglie e l’intensa fragranza dei fiori.

Aprii il fascicolo e cominciai a leggere. Una breve introduzione spiegava, con parole che ricordavano il racconto di Sarah, che la Terza Illuminazione porta con sé una comprensione radicalmente mutata dell’universo fisico. Secondo la predizione, intorno alla fine del secondo millennio gli uomini dovrebbero scoprire una nuova energia che è alla base di tutte le cose, esseri umani compresi, e che da queste si irradia.

Meditai alcuni istanti su quell’idea, poi lessi qualcosa che mi affascinò: secondo il Manoscritto la percezione umana di questa energia avrebbe avuto inizio con una maggiore sensibilità nei confronti della bellezza. Mentre meditavo venni distratto da un rumore di passi, e vidi Sarah alzare lo sguardo verso la collinetta dove mi trovavo.

«Questo posto è fantastico», esclamò avvicinandosi. «Sei già arrivato al punto che riguarda la percezione della bellezza?»

«Sì, ma non sono sicuro di aver capito cosa voglia dire.»

«Più avanti il Manoscritto entra maggiormente nei dettagli, ma adesso cercherò di spiegartelo brevemente. La percezione della bellezza è una specie di barometro che indica a ognuno di noi quanto siamo effettivamente vicini ad avvertire l’energia. Tutto diventa molto chiaro perché dopo aver preso coscienza dell’energia ci si accorge che è sulla stessa linea d’onda della bellezza.»

«Da come parli si direbbe che tu la veda», osservai. Sarah mi guardò senza manifestare il benché minimo imbarazzo. «Sì, certo, ma per prima cosa ho sviluppato una più intensa comprensione della bellezza.»

«Ma come funziona? La bellezza non è forse un concetto relativo?»

La donna scosse la testa. «Le cose che noi riteniamo meravigliose possono essere diverse, ma le caratteristiche di base che attribuiamo loro sono simili. Prova a pensarci: quando qualcosa ci colpisce perché ci sembra bellissimo ha per noi un aspetto più rilevante, una maggiore nitidezza delle forme e colori più vivaci. Spicca, brilla, sembra quasi iridescente in confronto al grigiore degli altri oggetti meno attraenti.» Annuii.

«Guarda per esempio questo posto», continuò. «So che ti attrae perché capita a tutti noi. E’ qualcosa che salta agli occhi, i colori e le forme sembrano ingigantiti. Bene, il livello successivo di percezione si raggiunge vedendo il campo di energia che circonda ogni cosa.»

Dovevo avere un’aria sconcertata perché Sarah scoppiò a ridere. Poi, seria: «Forse dovremmo passeggiare nei giardini. Sono a circa mezzo chilometro da qui, e penso che li troverai molto interessanti», disse. La ringraziai per il tempo che mi aveva dedicato illustrandomi il Manoscritto, nonostante fossi per lei un perfetto sconosciuto, e anche per avermi mostrato il Viciente. Sarah si strinse nelle spalle.

«Mi sembri una persona ben disposta nei confronti di ciò che stiamo tentando di fare», mi spiegò. «E qui siamo tutti consapevoli di dover svolgere un compito di pubbliche relazioni. Affinché questa ricerca continui dobbiamo riuscire a informare chi si trova negli Stati Uniti e negli altri paesi. Le autorità locali non sembrano amarci molto.»

Si sentì improvvisamente una voce alle nostre spalle. «Per cortesia!» Ci girammo: tre uomini stavano velocemente risalendo il sentiero nella nostra direzione. Erano tutti di mezz’età e indossavano vestiti eleganti.

«Uno di voi potrebbe dirmi dove sono i giardini di ricerca?» chiese il più alto dei tre.

«E lei potrebbe dirmi qual è il motivo della vostra presenza qui?» domandò Sarah.

«I miei colleghi e io siamo stati autorizzati dal proprietario di questa tenuta a esaminare i giardini e a parlare con qualcuno a proposito della cosiddetta ricerca che viene effettuata qui. Siamo dell’Università del Perù.»

«Si direbbe che non condividiate le nostre scoperte», osservò sorridendo Sarah nell’evidente tentativo di alleggerire l’atmosfera.

«Assolutamente no», esclamò uno degli altri due. «Secondo noi è assurdo dichiarare che adesso è possibile vedere una misteriosa forma di energia mai osservata in precedenza.» «Lei ha cercato di vederla?» si informò Sarah. L’uomo ignorò la domanda e chiese nuovamente: «Potete spiegarci come raggiungere i giardini?»

«Naturalmente», replicò Sarah. «A un centinaio di metri da qui troverete un sentiero diretto a est: seguitelo e dopo cinquecento metri li troverete.»

«La ringrazio», si congedò l’uomo più alto mentre si precipitavano tutti e tre verso il sentiero.

«Li hai mandati nella direzione sbagliata», osservai. «Non proprio», si difese Sarah. «Da quella parte ci sono altri giardini, e le persone che vi si trovano sono più preparate per discutere con quel genere di scettici. Di tanto in tanto ci ritroviamo qui gente del genere, scienziati o semplici curiosi, persone che non riescono nemmeno a immaginare cosa stiamo facendo… il che mette in evidenza il problema che esiste nell’ambito della comprensione scientifica.» «Cosa intendi dire?»

«Come ti ho spiegato prima, l’antico atteggiamento basato sullo scetticismo ha funzionato benissimo finché si è trattato di esplorare i fenomeni più ovvi e visibili dell’universo, come gli alberi, i raggi del sole o i tuoni. Esiste però un altro gruppo di fenomeni palesi ma più indefinibili che non è possibile studiare a dire il vero, non si può nemmeno identificarne la presenza – a meno che non si metta da parte lo scetticismo sforzandosi di vederli. Una volta riusciti a farlo, si può ritornare al proprio rigoroso metodo di studio.» «Interessante.»

Davanti a noi si intravedeva il limite del bosco, e potevo scorgere decine di campi coltivati. In ognuno di questi cresceva un diverso tipo di pianta, quasi sempre commestibile, dalle banane agli spinaci. Sul lato orientale di ogni appezzamento si stendeva un largo sentiero di ghiaia diretto a nord, verso quella che sembrava una strada pubblica. Lungo il sentiero si trovavano tre edifici di lamiera accanto ai quali lavoravano quattro o cinque persone.

«Vedo laggiù alcuni miei amici.» Sarah indicò la costruzione più vicina. «Andiamo, vorrei farteli conoscere.»

Mi presentò quindi tre uomini e una donna, tutti coinvolti nella ricerca. Gli uomini scambiarono con me poche parole poi si scusarono e tornarono al lavoro ma la donna, una biologa di nome Marjorie, sembrava disposta a parlare.

Fissandola intensamente le domandai: «Che cosa state cercando qui?»

Colta di sorpresa, la donna mi rispose con un sorriso: «E’ difficile decidere da dove cominciare. Ne sai qualcosa del Manoscritto?»

«Conosco le prime sezioni, e ho appena iniziato la Terza Illuminazione.»

«E’ proprio quello il motivo per cui ci troviamo qui. Vieni, ti faccio vedere.» Mi fece segno di seguirla, e ci incamminammo insieme verso un campo di fagioli dietro la casetta di lamiera. I legumi erano incredibilmente sani, senza i segni dei danni causati dagli insetti o di foglie morte. Le piante crescevano in un terreno ricco di humus, soffice, ed erano ben distanziate tra loro, con i fusti e le foglie che si sfioravano senza toccarsi.

Marjorie mi indicò la pianta più vicina. «Abbiamo cercato di considerare ognuna di esse come un sistema globale di energia, pensando a tutto ciò di cui ha bisogno per prosperare – terra, elementi nutritivi, umidità, luce. Abbiamo così scoperto che l’ecosistema che circonda ogni singola pianta è in realtà un organismo vivente, e la salute di ogni sua parte ha un effetto diretto sulla salute dell’intero organismo.»

Esitò un attimo prima di aggiungere: «Il punto fondamentale è che dopo aver considerato l’energia che circonda le piante abbiamo iniziato a ottenere risultati sorprendenti. Quelle che studiavamo non erano più grandi ma erano senz’altro più forti, perché meglio nutrite».

«Ma in che modo si misurava tale forza?» «Abbiamo scoperto che contenevano più proteine, carboidrati, vitamine e minerali.»

Mi guardò ansiosa. «La scoperta più sorprendente è avvenuta però quando ci siamo accorti che le piante che ricevevano maggiore attenzione erano ancora più vigorose.» «Che genere di attenzione?»

«Sistemare il terreno accanto a loro, controllarle ogni giorno… Abbiamo fatto un esperimento con un gruppo di controllo: alcuni vegetali ricevevano attenzione speciale, altri no, e i risultati hanno confermato le nostre teorie. Spingendosi oltre, un ricercatore è arrivato addirittura a chiedere loro mentalmente di crescere più forti: si sedeva vicino alle piante concentrando ogni cura e sollecitudine sulla loro crescita.» «E sono davvero cresciute di più?» «Di più e più velocemente.» «E’ incredibile!»

«Sì, è…» Si interruppe alla vista di un uomo sulla sessantina che avanzava verso di noi.

«Il signore che si sta avvicinando è il professor Hains, un micro-nutrizionista che ha compiuto alcuni notevoli studi», mi informò a voce bassa. «È arrivato qui per la prima volta circa un anno fa e ha subito chiesto un congedo dalla Washington State University.»

Marjorie mi presentò il professore, un uomo robusto dai capelli neri appena brizzolati sulle tempie, e gli chiese di farmi un breve riassunto delle sue ricerche. Si interessava, mi disse, al funzionamento delle varie parti del corpo valutato in base a esami del sangue particolarmente sofisticati, e soprattutto al rapporto tra il funzionamento stesso e la qualità del cibo ingerito.

Lo avevano molto colpito i risultati di un particolare studio secondo cui i vegetali ricchi di valori nutrizionali come quelli che crescevano a Viciente aumentavano in modo notevole l’efficienza del corpo umano. Tale aumento era superiore a quello che ci si poteva ragionevolmente aspettare dagli elementi nutritivi secondo il loro normale funzionamento nella fisiologia umana. Qualcosa nella struttura di quelle piante creava un effetto inspiegabile.

Dopo aver lanciato un’occhiata a Marjorie domandai: «Così il fatto di concentrare l’attenzione su quei vegetali ha dato loro qualcosa che aumenta la forza di chi li mangia. È questa l’energia di cui parla il Manoscritto?»

Marjorie guardò il professore, il quale accennò un sorriso. «Non lo so ancora», rispose.

Gli chiesi informazioni sulle sue ricerche future, e lui mi spiegò che aveva intenzione di riprodurre il giardino presso la Washington State University, avviando uno studio a lungo termine per verificare se la gente che si nutriva di quelle piante aveva più energia o godeva di una salute migliore nell’arco di un periodo di tempo più lungo. Mentre parlava io non riuscivo a fare a meno di guardare Marjorie. Di colpo era diventata bellissima. Il suo corpo appariva alto e snello nonostante i jeans flosci e la maglietta sformata. Gli occhi e i capelli erano castani scuri, e il suo volto era incorniciato da riccioli folti e morbidi.

Provai una potente attrazione fisica nei suoi confronti. Nel momento stesso in cui me ne resi conto Marjorie si girò a fissarmi negli occhi, allontanandosi di alcuni passi.

«Devo incontrare qualcuno», esclamò. «Magari ci vediamo più tardi.» Salutò Hains, mi rivolse un sorriso timido e si avviò lungo il sentiero, oltre la casa.

Dopo aver parlato qualche minuto con il professore mi congedai, gli augurai di ottenere presto successo, e tornai da Sarah. Stava ancora discutendo animatamente con uno degli altri ricercatori, ma come le andai incontro mi seguì con lo sguardo.

Quando le arrivai vicino l’uomo con cui stava parlando sistemò i fogli che aveva in mano e si allontanò sorridendo, diretto all’interno dell’edificio.

«Scoperto qualcosa?» mi domandò Sarah. «Sì», le risposi distrattamente. «Sembra che quelle persone stiano combinando qualcosa di interessante.»

Stavo guardando per terra quando lei mi chiese: «Dove è andata Marjorie?»

Alzando gli occhi mi accorsi che aveva un’espressione divertita. «Mi ha detto che doveva incontrare qualcuno.» «L’hai fatta scappare?»

Scoppiai a ridere. «Temo di sì. Ma non le ho detto niente!» «Non era necessario, Marjorie ha semplicemente notato un cambiamento nel tuo campo. Era abbastanza evidente, potevo vederlo anch’io da qua.»

«Un cambiamento in che cosa?»

«Nel campo di energia che circonda il tuo corpo. La maggior parte di noi ha imparato a vedere questi campi, almeno sotto una certa luce. Quando una persona ha un’attrazione sessuale nei confronti di un’altra, il suo campo di energia si mette a girare vorticosamente, dirigendosi addirittura verso la persona oggetto di tale attrazione.»

Mi sembrò fantastico, ma prima che potessi fare il minimo commento fummo distratti da alcune persone che uscivano dall’edificio.

«E’ il momento delle proiezioni di energia», mi informò Sarah. «Ti interesserà sicuramente assistervi.»

Seguimmo quattro giovani, studenti avrei detto, fino a un campo di grano. Mentre ci avvicinavamo mi accorsi che la coltivazione era divisa in due parti, ognuna delle quali si estendeva per circa tre metri quadrati. In uno dei due settori il grano era alto una sessantina di centimetri, nell’altro arrivava a meno di quarantacinque. I quattro ragazzi si diressero all’appezzamento di terreno in cui le piante erano più alte, e si sedettero uno a ogni angolo, con il viso rivolto all’interno. Fissarono lo sguardo sui vegetali. Alle mie spalle brillava il sole del tardo pomeriggio che inondava il campo di una luce tenue e ambrata, lasciando nell’oscurità gli alberi che si stagliavano in lontananza. I quattro giovani e il campo di grano spiccavano sullo sfondo quasi nero.

Sarah era in piedi accanto a me. «E’ perfetto!» esclamò. «Guarda! Riesci a vederlo?» «Che cosa?»

«Stanno proiettando la loro energia sulle piante.» Fissai attentamente la scena senza riuscire a scorgere nulla. «Non vedo niente», dissi.

«Allora prova ad abbassarti, e concentrati sullo spazio tra le persone e le piante.»

Per un attimo mi sembrò di vedere un guizzo di luce, ma pensai che si trattasse di un effetto ottico o di uno scherzo dei miei occhi. Cercai varie volte di vedere qualcosa, ma alla fine rinunciai.

«Non ci riesco», esclamai alzandomi. Sarah mi diede una leggera pacca sulla spalla. «Non preoccuparti. La prima volta è la più difficile, di solito bisogna esercitarsi per imparare a mettere a fuoco.»

Quando uno dei giovani intenti a meditare sollevò lo sguardo verso di noi, portandosi un dito alle labbra, io e Sarah tornammo verso l’edificio.

«Hai intenzione di trattenerti a lungo qui a Viciente?» mi domandò.

«Credo di no. La persona che sta con me è alla ricerca dell’ultima parte del Manoscritto.»

Sarah mi sembrò sorpresa. «Credevo che l’avessero trovato già tutto. A dire il vero, non ne sono sicura: sono stata talmente impegnata nella parte che riguarda il mio lavoro che non ho letto tutto il resto.»

D’istinto mi portai una mano alla tasca, ricordandomi della traduzione di Sarah. Era arrotolata nella mia tasca posteriore.

«Abbiamo scoperto», mi spiegò Sarah, «che ci sono due momenti della giornata in cui è più facile vedere i campi d’energia, all’alba e al tramonto. Se vuoi possiamo incontrarci domattina e provare di nuovo.»

Allungò una mano a prendere il fascicolo. «In questo modo potrei farti una copia di questa traduzione perché tu la tenga.»

Ci pensai su per un po’, poi decisi che non c’era niente di male.

«Perché no?» le risposi. «Devo controllare con il mio amico per essere sicuro di avere abbastanza tempo.» Le sorrisi. «Cosa ti fa pensare che io possa imparare a vedere quella roba?»

«Diciamo che ho un presentimento.»

Decidemmo di incontrarci il mattino dopo alle sei sulla collina, e mi incamminai da solo lungo il sentiero che portava all’albergo. Il sole era ormai scomparso del tutto, ma i suoi raggi irradiavano ancora di luce arancione le nubi grigie all’orizzonte. L’aria era frizzante anche se non soffiava il vento.

Nella grande sala da pranzo dell’albergo vidi una fila di persone davanti al buffet dove servivano la cena. Affamato mi misi in coda per vedere che genere di piatti stessero servendo. Wil e il professor Hains erano davanti a tutti, e chiacchieravano con aria disinvolta.

«Come è stato il pomeriggio?» mi domandò Wil.

«Fantastico», risposi.

«Questo è William Hains», aggiunse.

«Lo so, ci siamo incontrati prima.»

Il professore annuì.

Raccontai loro del mio appuntamento della mattina dopo. Per Wil non c’era nessun problema: doveva trovare due persone con cui non aveva ancora parlato, quindi non sarebbe partito prima delle nove.

Nel frattempo la coda avanzò, e quando le persone che stavano dietro di noi mi suggerirono di unirmi ai miei amici mi affiancai al professore.

«Allora, cosa ne pensi di ciò che stiamo facendo qui?» mi chiese Hains.

«Non saprei, sto cercando di capire poco alla volta. Il concetto dei campi di energia mi è completamente nuovo.»

«E’ una realtà nuova per tutti», ribatté, «ma la cosa più interessante è che questa energia è ciò che la scienza ha sempre cercato di comprendere: una sostanza comune alla base di tutta la materia. Soprattutto a partire da Einstein la fisica ha cercato di individuare una teoria unificata dei campi. Non so se si tratta proprio di questo, ma bisogna ammettere che il Manoscritto ha dato origine ad alcune interessanti ricerche.»

«In che modo la scienza potrebbe accettare questa idea?» chiesi.

«Basterebbe trovare il modo di misurarla», mi spiegò. «A dire il vero l’esistenza di tale energia non è del tutto sconosciuta. I maestri di karate hanno sempre parlato di un’energia alla quale è attribuito il successo di certe imprese apparentemente impossibili, come rompere pile di mattoni con le mani e restare seduti immobili con quattro persone che cercano di spingerli via. E poi abbiamo visto anche atleti in grado di compiere movimenti spettacolari, contorcendosi, rivoltandosi e restando sospesi per aria in un modo che sfida la legge di gravità. E’ dovuto a questa energia nascosta a cui abbiamo accesso.

«Ma naturalmente non verrà accettata finché altre persone non riusciranno a vederla.»

«Tu l’hai mai vista?» gli domandai.

«Ho osservato qualcosa. In realtà dipende da quello che si mangia.»

«In che senso?»

«Dunque, le persone che da queste parti vedono facilmente i campi d’energia mangiano soprattutto verdura, e di solito si tratta di quella ad alto potenziale energetico che essi stessi coltivano.»

Con un gesto indicò davanti a sé il buffet. «Lì ce n’è, anche se, grazie al Cielo, si può trovare anche del pesce e del pollo per i vecchi carnivori come me. Ma quando mi impongo di mangiare in modo diverso, sì, devo ammettere che riesco a vedere qualcosa.»

Gli domandai perché non modificava la sua dieta per periodi più lunghi.

«Non saprei, forse perché le vecchie abitudini sono dure a morire.»

La fila si mosse in avanti e io ordinai solo verdura. Ci unimmo tutti e tre a una tavolata di ospiti, chiacchierando del più e del meno per un’ora. Alla fine io e Wil uscimmo a prendere la nostra roba dalla jeep. «Tu hai visto questi campi d’energia?» gli chiesi.

Annuì, sorridendo. «La mia stanza è al primo piano, la tua al terzo. Camera 306. Puoi prendere la chiave alla reception.»

In camera non c’era telefono, ma un cameriere che incontrai in corridoio mi assicurò che qualcuno mi avrebbe svegliato alle cinque in punto bussando alla porta. Mi sdraiai a meditare per alcuni istanti. Dopo quel pomeriggio lungo e intenso avevo finalmente capito la ragione del silenzio di Wil: aveva voluto che io raggiungessi da solo la Terza Illuminazione.

Quello che sentii poi fu qualcuno che bussava alla porta. Guardai l’orologio: erano le cinque. Quando il cameriere bussò ancora lo ringraziai con voce abbastanza alta da farmi sentire, poi mi alzai e andai a guardare fuori dalla finestrina. L’unico indizio che fosse mattino era un pallido chiarore a est.

Feci una doccia, mi vestii rapidamente e scesi al piano di sotto. La sala da pranzo era aperta e un numero sorprendente di persone ne stava già uscendo. Mangiai solo frutta e corsi fuori anch’io.

Una coltre di nebbia spazzava il terreno, ammassandosi sui prati in lontananza. Gli uccelli si davano la voce da un albero all’altro. Mentre mi allontanavo dall’albergo spuntò il sole, dando tonalità spettacolari al cielo blu scuro che sovrastava l’orizzonte color pesca.

Arrivato in cima alla collina con quindici minuti di anticipo sull’appuntamento, mi sedetti appoggiandomi al tronco di un grosso albero, affascinato dai rami intricati che si allungavano sopra la mia testa. Dopo alcuni istanti sentii un rumore di passi proveniente dal sentiero e guardai da quella parte, aspettandomi di vedere Sarah. Invece era uno sconosciuto, un uomo sulla quarantina che si accorse di me quando era ormai a pochi metri di distanza. Sobbalzò e mi fece trasalire.

«Salve!» esclamò con un pesante accento di Brooklyn. Aveva i capelli mossi e leggermente radi, indossava un paio di jeans e scarponi da trekking, e aveva un aspetto incredibilmente sano e atletico.

Risposi con un cenno del capo.

«Scusa se ti sono piombato addosso all’improvviso.»

«Non importa.»

Mi disse di chiamarsi Phil Stone, e io mi presentai spiegandogli che stavo aspettando un’amica.

«Immagino tu sia qui per compiere qualche ricerca», aggiunsi.

«Non esattamente», mi rispose. «Lavoro per la University of Southern California. Stiamo effettuando alcuni studi in un’altra provincia sull’eccessivo sfruttamento delle foreste tropicali, ma appena posso vengo fin qui in macchina e mi concedo una pausa. Mi piace gironzolare da queste parti, dove le foreste sono così diverse.»

Si guardò intorno. «Ti sei accorto che alcuni di questi alberi hanno quasi cinquecento anni? Questa è davvero una foresta vergine, una vera rarità. Qui regna un equilibrio perfetto: gli alberi più grossi filtrano il sole e così un gran numero di piante tropicali più piccole può vivere ai loro piedi. In una foresta tropicale anche il resto della vegetazione è molto vecchio, ma cresce in modo diverso. In pratica è giungla. Questa invece è simile a un’antica foresta della zona temperata, come quelle degli Stati Uniti.»

«Non avevo mai visto niente del genere», ammisi.

«Lo so, ne rimangono ben poche. La maggior parte di quelle che conosco sono state vendute dal governo ai mercanti di legname. Sembra che tutto ciò che riescono a vedere in una foresta come questa è il materiale da costruzione che si può ricavarne. E una vergogna che qualcuno distrugga un posto come questo. Guarda l’energia!»

«Riesci a vedere l’energia qui?» gli chiesi.

Mi guardò attentamente quasi stesse decidendo cosa rispondere.

«Sì, ci riesco», disse alla fine.

«Io invece non ne sono stato capace», mi lamentai. «Ci ho provato ieri, quando stavano meditando con le piante di grano in giardino.»

«All’inizio nemmeno io riuscivo a vedere campi così grandi», mi confidò. «Ho dovuto cominciare guardandomi le dita.» «In che modo?»

«Spostiamoci laggiù», indicò un punto in cui gli alberi erano più distanziati e si intravedeva il cielo azzurro tra il fogliame. «Così potrò farti vedere.»

Quando arrivammo esclamò: «Appoggiati all’indietro e unisci in punta gli indici. Tieni il cielo blu sullo sfondo. Ora stacca le punte di circa tre centimetri e guarda lo spazio che si è creato fra loro. Che cosa vedi?»

«Polvere sul cristallino del mio occhio.» «Ignorala», mi esortò. «Fai sfumare l’immagine, avvicina le dita e poi allontanale di nuovo.»

Mentre parlava muovevo le dita, incerto su cosa intendesse per sfumare l’immagine. Alla fine decisi di fissare vagamente la zona tra le mie dita. Entrambe le punte mi apparvero leggermente sfocate, e mentre ciò accadeva vidi qualcosa di simile a del fumo che si allungava fra le dita stesse.

«Santo Cielo», esclamai, e spiegai quello che avevo appena visto.

«Ci siamo, ci siamo!» fu la sua risposta. «Adesso giocaci un po’.»

Sovrapposi prima tutte e quattro le dita, poi misi palmo contro palmo e infine unii gli avambracci. Ogni volta vedevo scorrere flussi di energia tra le parti del mio corpo. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi e guardai Phil.

«Vuoi vedere la mia energia?» mi chiese. Si alzò in piedi e indietreggiò, posizionando testa e torace in modo che il cielo si trovasse direttamente alle sue spalle. Provai per alcuni minuti, ma un rumore dietro di noi disturbò la mia concentrazione. Mi girai e vidi Sarah.

Phil fece un passo in avanti e le rivolse un ampio sorriso. «È lei la persona che stavi aspettando?»

Sarah si avvicinò, anche lei sorridente. «Ehi, io ti conosco!» esclamò indicando Phil.

Si abbracciarono con calore, poi Sarah mi spiegò: «Scusa il ritardo. Per chissà quale ragione la mia sveglia mentale non ha funzionato, ma adesso credo di aver capito perché: dovevo dare a voi due l’opportunità di incontrarvi e parlare. Che cosa stavate facendo?»

«Ha appena imparato a vedere i campi di energia tra le dita», le spiegò Phil.

Sarah ci fissò entrambi. «L’anno scorso io e Phil ci trovavamo in questo stesso posto, e imparavamo a fare la stessa cosa. Se proviamo a mettere in contatto le nostre schiene, magari riuscirà a vedere l’energia che scorre fra noi.»

Si misero davanti a me, schiena contro schiena. Suggerii loro di avvicinarsi, e loro si fermarono a pochi centimetri di distanza. Il profilo dei loro corpi si stagliava contro il cielo blu scuro, da quella parte. Con mia grande sorpresa lo spazio tra di loro apparve più chiaro, di un colore tenue tra il giallo e il rosa.

«La vede», esclamò Phil, accorgendosi della mia espressione.

Sarah si girò e afferrò Phil per un braccio. Fecero alcuni passi indietro e si allontanarono da me di circa tre metri. La parte superiore dei loro corpi mi apparve così circondata da un campo di energia bianco-rosa.

«Bene», esclamò Sarah seria, tornando indietro e accovacciandosi accanto a me. «Adesso osserva il panorama, la sua bellezza.»

Diventai subito consapevole delle forme e dei contorni di ciò che mi circondava. Mi sembrò di riuscire a concentrarmi completamente su ogni quercia, senza considerarne una parte alla volta ma comprendendo immediatamente l’intera forma. Rimasi colpito dall’aspetto e dalla configurazione di ciascun ramo, che mi sembrò unico e irripetibile. Guardai tutti gli alberi uno dopo l’altro, girandomi su me stesso. In questo modo mi sembrò che la sensazione di unicità che ogni quercia emanava aumentasse, come se io la vedessi, o meglio l’apprezzassi completamente per la prima volta.

Di colpo la mia attenzione venne attratta dalla vegetazione tropicale che si stendeva sotto quegli alberi così alti, e mi ritrovai nuovamente a osservare la forma unica di ciascuna pianta. Mi accorsi anche del modo in cui i vegetali dello stesso tipo tendevano a crescere insieme in quelle che mi sembrarono piccole comunità. Per esempio, i banani erano spesso circondati da piccoli filodendri che a loro volta erano attorniati da felci ancora più piccole. Guardando questi sistemi in miniatura fui nuovamente colpito dall’unicità del loro aspetto e delle loro caratteristiche.

A qualche metro di distanza il mio sguardo si fermò su una pianta particolare. La conoscevo come pianta da appartamento, una specie variegata di filodendro: foglie verde scuro, larghe circa un metro, il ritratto della salute e dell’energia.

«Prova a concentrarti su quella, cerca di rilassarti», mi suggerì Sarah.

Ubbidii, e feci vari tentativi con il mio punto focale. A un certo momento provai a concentrarmi sullo spazio a una decina di centimetri attorno alla pianta, cominciando a cogliere gradualmente lampi luminosi, finché, mettendo bene a fuoco riuscii a vedere un alone di luce bianca che la circondava.

«Adesso vedo qualcosa», esclamai.

«Guarda altre piante», riprese Sarah.

Mi bloccai, sconvolto. Intorno a ogni pianta c’era un campo di luce biancastra, visibile anche se trasparente, così che forme e colori non venivano oscurati. Mi resi conto che ciò che stavo vedendo era un’estensione della bellezza unica di ciascuna pianta. Era come se prima avessi visto i vegetali, poi mi fossi accorto della loro unicità e del loro aspetto finché qualcosa aveva ampliato la pura bellezza della loro espressione fisica. A quel punto avevo potuto percepire i campi di energia.

«Dimmi se riesci a vedere questo», esclamò Sarah sedendosi davanti a me con il viso rivolto al filodendro. Dal suo corpo si alzò un alone di luce biancastra che andò ad avvolgerlo. In tal modo il campo di energia della pianta si allargò di vari centimetri.

«Accidenti!» esclamai, provocando le risate dei due amici. Scoppiai a ridere anch’io, consapevole della peculiarità di ciò che stava accadendo e al tempo stesso non provando il minimo disagio nel vedere con grande chiarezza fenomeni di cui solo pochi minuti prima avevo decisamente dubitato. Mi accorsi che la percezione dei campi anziché evocare in me una sensazione di irrealtà, aveva conferito un aspetto più solido e reale a tutte le cose che mi circondavano.

Al tempo stesso tutto mi sembrava diverso. L’unico paragone valido che mi veniva in mente per descrivere quell’esperienza, era la ripresa filmata di una foresta, i cui colori fossero stati accentuati allo scopo di farla apparire un luogo mistico e incantato. Gli alberi, le foglie e il cielo, tutto risaltava ora grazie a una leggera

luminosità che suggeriva la presenza di una vita, e forse di una coscienza, che andava oltre la nostra normale comprensione. Dopo aver visto tutto ciò non avrei mai più potuto considerare una foresta banale o scontata.

Mi rivolsi a Phil. «Siediti e concentra la tua energia sul filodendro», gli chiesi. «Mi piacerebbe fare il confronto.»

Phil sembrò perplesso. «Non posso farlo, non so perché ma non ci riesco.»

Lanciai un’occhiata a Sarah.

«Alcune persone ci riescono e altre no», mi spiegò. «Non ne abbiamo ancora capito il motivo. Marjorie deve esaminare i suoi studenti per scoprire chi è in grado di farlo. Due psicologi stanno cercando di collegare questa capacità con le caratteristiche personali, ma fino a oggi non hanno scoperto nulla.»

«Lasciatemi provare», chiesi.

«Va bene, fallo pure», disse Sarah.

Mi sedetti di nuovo, rivolgendo il viso alla pianta. Sarah e Phil si misero ad angolo retto rispetto a me.

«Allora, come devo cominciare?»

«Concentra la tua attenzione sulla pianta, come se volessi animarla con la tua energia», mi suggerì Sarah.

Fissai il filodendro immaginando l’energia che fluiva al suo interno, e dopo qualche minuto sollevai lo sguardo verso i miei due compagni.

«Spiacente», commentò secca Sarah. «E’ evidente che non fai parte dei pochi eletti.»

Guardai Phil con un’aria di finta disapprovazione.

La nostra conversazione fu interrotta da voci alterate che provenivano dal sentiero. Attraverso gli alberi scorgemmo un gruppo di uomini che discutevano animatamente fra loro.

«Chi sono?» domandò Phil a Sarah.

«Non lo so. Immagino si tratti di altra gente disturbata da ciò che stiamo facendo.»

Guardai la foresta intorno a noi, e mi sembrò che tutto fosse tornato normale.

«Ehi, non riesco più a vedere i campi di energia!»

«Ci sono cose che riportano bruscamente alla realtà», osservò Sarah.

Phil sorrise, dandomi una pacca amichevole sulla spalla. «Puoi riprovarci tutte le volte che vuoi, è come andare in bicicletta. Non devi fare altro che cominciare a vedere la bellezza per poi continuare.»

Di colpo mi ricordai di controllare l’ora. Il sole era molto più alto nel cielo e una leggera brezza mattutina faceva ondeggiare gli alberi. Guardai l’orologio e mi accorsi che erano le otto meno dieci.

«Temo proprio di dover rientrare», esclamai.

Sarah e Phil si unirono a me. Mentre camminavamo mi girai a guardare la collina ricoperta di alberi. «E’ un luogo fantastico», commentai. «Peccato che negli Stati Uniti non ci sia niente del genere.»

«Dopo che avrai visto i campi di energia in altre zone», mi spiegò Phil, «ti renderai conto di quanto sia dinamica questa foresta. Guarda quelle querce: in Perù sono molto rare, eppure qui a Viciente crescono. Una foresta abbattuta, specialmente se è stata spogliata di tutti gli alberi per permettere coltivazioni a scopo di lucro, possiede un campo di energia molto basso. E una città, lasciando da parte i suoi abitanti, ha un diverso tipo di energia.»

Cercai di concentrarmi sulle piante che fiancheggiavano il sentiero, ma l’atto stesso di camminare mi impediva la concentrazione.

«Siete sicuri che vedrò ancora questi campi?» domandai.

«Assolutamente», rispose Sarah. «Non ho mai sentito di nessuno che non sia riuscito a ripetere l’esperienza dopo averli visti una prima volta. Una volta è stato qui un oculista che dopo aver imparato a vedere i campi era in preda all’eccitazione. Saltò fuori che si era occupato di alcune anomalie della vista, comprese certe forme di cecità nei confronti dei colori, giungendo alla conclusione che esistono persone che hanno negli occhi ciò che lui ha definito ‘ricettori pigri’. Aveva quindi insegnato a questa gente come vedere i colori che non avevano mai distinto in precedenza. Secondo lui per poter vedere i campi di energia occorreva fare la stessa cosa, e cioè svegliare altri ‘ricettori addormentati’, un gesto che in teoria ognuno di noi è in grado di compiere.»

«Vorrei poter vivere vicino a un posto come questo», sospirai.

«Lo vorremmo tutti», replicò Phil, poi rivolgendosi a Sarah: «Il professor Hains è ancora qui?»

«Sì, non può andarsene.»

Phil mi spiegò: «Sta effettuando ricerche interessanti su ciò che questa energia può fare per noi».

«Lo so, ieri ho parlato con lui.»

«L’ultima volta che sono stato qui», riprese Phil, «mi ha raccontato di uno studio che vorrebbe intraprendere sugli effetti fisici che può avere la vicinanza con certi ambienti ad alto potenziale energetico, come ad esempio quella foresta. In tal senso utilizzerebbe le stesse misure di efficienza degli organi per valutare gli effetti.»

«A dire il vero, io conosco già l’effetto», si intromise Sarah. «Ogni volta che arrivo in questa tenuta comincio a sentirmi meglio. Tutto viene potenziato: io stessa mi sento più forte, riesco a pensare con maggiore chiarezza e velocità. E le percezioni che ho su questo argomento e sul modo in cui si collega ai miei studi di fisica sono stupefacenti.»

«Su cosa stai lavorando?» le chiesi.

«Ricordi quando ti ho parlato di quegli strani esperimenti sulle particelle fisiche nel corso dei quali minuscoli frantumi di atomi apparivano proprio dove prevedevano gli scienziati?» «Sì.»

«Bene, ho cercato di ampliare questa teoria eseguendo alcuni esperimenti per conto mio. L’ho fatto non per risolvere i problemi a cui stavano lavorando gli scienziati a proposito delle particelle subatomiche, ma per trovare invece una risposta alle domande di cui ti ho parlato prima: fino a che punto l’universo fisico nel suo complesso, essendo composto dalla stessa energia fondamentale, risponde alle nostre aspettative? Fino a che punto queste riescono a dar vita agli eventi che ci accadono?»

«Ti riferisci alle coincidenze?»

«Sì, prova a pensare agli avvenimenti della tua vita. La vecchia teoria newtoniana dice che tutto avviene per caso, che una persona può prendere le decisioni giuste ed essere preparata ma che ogni fatto è soggetto a una casualità indipendente dal nostro comportamento.

«Dopo le recenti scoperte della fisica moderna possiamo legittimamente domandarci se l’universo sia più dinamico di quanto abbiamo sempre pensato: forse funziona principalmente in modo meccanicistico, ma risponde anche in maniera più sottile all’energia mentale che noi proiettiamo. E perché no?

Voglio dire, se possiamo far crescere più rapidamente le piante, forse siamo in grado anche di far accadere certi eventi più in fretta – o più lentamente, a seconda di ciò che pensiamo.» «Il Manoscritto ne parla?» chiesi.

Sarah mi sorrise. «Naturalmente, è la fonte stessa di tutte queste idee!» Si mise a frugare nello zaino, continuando a camminare, finché tirò fuori una cartelletta. «Ecco la tua copia», disse.

Le lanciai una breve occhiata e me la infilai subito in tasca. Mentre attraversavamo il ponte esitai un istante per osservare i colori e le forme delle piante che mi circondavano. Modificai la mia messa a fuoco e vidi immediatamente i campi di energia che circondavano ogni cosa, compresi quelli di Sarah e Phil che avevano un colore verde-giallo. Di tanto in tanto il campo di Sarah assumeva una tonalità rosata.

Improvvisamente i miei due compagni si bloccarono e scrutarono intensamente il sentiero. A poco più di un metro di distanza un uomo avanzava velocemente verso di noi. Sentii una certa ansietà allo stomaco, ma ero deciso a mantenere la visione dei campi di energia. Riconobbi l’uomo: era il più alto di quel gruppo di studiosi dell’Università del Perù che il giorno prima ci avevano chiesto informazioni. Intorno a lui riuscivo a scorgere un alone di luce rossa.

L’uomo ci affiancò e si rivolse condiscendente a Sarah: «Lei è una scienziata, vero?» «Esatto.»

«Allora come può tollerare questo genere di scienza? Ho visto i giardini, e non riesco a credere a tanta negligenza: voi non avete controllato tutto, ci potrebbero essere moltissime spiegazioni della crescita straordinaria di certe piante.»

«E’ impossibile controllare ogni cosa, signore. Noi cerchiamo semplicemente di individuare le tendenze generali.»

Riuscii a distinguere una nota di irritazione nella voce di Sarah.

«Ma ipotizzare l’esistenza di una nuova forma di energia che determini la composizione degli esseri viventi è una vera assurdità. Non avete nessuna prova.»

«Una prova è proprio quello che stiamo cercando.» «Come potete supporre l’esistenza di qualcosa prima di ottenere la benché minima prova?»

Mi sembravano entrambi arrabbiati, anche se li ascoltavo a malapena. La mia attenzione era infatti concentrata sulla dinamica dei loro campi energetici. Quando la discussione era iniziata, io e Phil ci eravamo fatti da parte mentre Sarah e l’altro scienziato si fronteggiavano a pochi metri di distanza. I loro campi d’energia sembravano diventare in qualche modo più densi e animati, forse a causa di una vibrazione interna. Mentre la conversazione procedeva i campi cominciarono a fondersi: quando uno dei due antagonisti faceva valere le proprie ragioni la sua energia si agitava e sembrava assorbire quella dell’avversario con un movimento d’aspirazione, ma non appena l’altra persona ribatteva il flusso tornava a dirigersi dalla sua parte. Considerando l’episodio dal punto di vista strettamente dinamico, chi segnava un punto a proprio favore riusciva a catturare e assorbire parte del campo energetico dell’avversario.

«E inoltre», stava spiegando Sarah, «noi abbiamo osservato i fenomeni che stiamo cercando di capire.»

L’uomo lanciò a Sarah un’occhiata carica di disprezzo. «Allora siete tutti pazzi oltre che incompetenti», esclamò allontanandosi.

«Dinosauro», gridò Sarah, facendo ridere me e Phil.

«Questa gente riesce sempre a farmi arrabbiare», commentò Sarah mentre riprendevamo il cammino.

«Cerca di non pensarci», la consolò Phil. «A volte persone del genere capitano da queste parti.»

«Ma perché così tante? E proprio adesso?» si domandò Sarah.

Quando arrivammo in prossimità dell’albergo riuscii a scorgere Wil accanto alla jeep. Le portiere dell’auto erano aperte e c’erano vari arnesi sul cofano. Vedendomi, Wil mi fece cenno di avvicinarmi.

«A quanto pare è arrivato il momento di andare», esclamai.

Il mio commento interruppe un silenzio che durava da dieci minuti e che era iniziato quando avevo cercato di spiegare quello che avevo visto accadere al campo di Sarah durante la discussione. Evidentemente non ero riuscito a farmi capire, dato che l’unica reazione ai miei commenti erano stati sguardi inespressivi. Ognuno di noi si era poi lasciato assorbire dai propri pensieri.

«E stato un piacere», esclamò Sarah allungando la mano per salutarmi.

Phil fissava la jeep. «Quello è Wil James? È lui il tuo compagno di viaggio?» mi chiese.

«Sì, perché?»

«Così, per curiosità. L’ho già visto da queste parti. So che conosce il proprietario e che ha fatto parte di quel primo gruppo che ha avviato gli studi sui campi d’energia.»

«Vieni a conoscerlo», lo invitai.

«No, devo andare. Sono sicuro che non riuscirai a stare lontano da questi luoghi, e prima o poi ci incontreremo ancora.»

«Certo», risposi.

Sarah disse che anche lei doveva andarsene e che avrei potuto contattarla tramite il proprietario del Viciente. Li trattenni ancora qualche minuto per ringraziarli delle spiegazioni che mi avevano dato.

L’espressione di Sarah si fece seria. «Vedere l’energia e impossessarsi di questo nuovo modo di percepire il mondo fisico si diffonde attraverso una specie di contagio. Non ne conosciamo ancora il motivo, ma quando una persona sta con qualcuno che vede i campi di solito comincia anche lei a vederli. Perciò vai e insegna a qualcun altro come si fa.»

Feci cenno di sì e corsi verso la jeep. Wil mi accolse con un sorriso.

«Sei pronto?» gli domandai.

«Quasi. Come è andata la mattinata?»

«Bene. Ho un sacco di cose da raccontarti.»

«E’ meglio che ne parliamo dopo, adesso dobbiamo andarcene. L’ambiente non è più molto cordiale.»

Mi feci più vicino. «Cosa succede?»

«Niente di serio. Ti spiegherò più tardi. Adesso prendi la tua roba.»

Entrai in albergo e ritirai le poche cose che avevo lasciato in camera. Wil mi aveva già avvisato che non avremmo dovuto pagare niente, grazie all’ospitalità del proprietario, così mi limitai a restituire la chiave alla reception e tornai alla jeep.

Wil, nascosto dal cofano aperto, stava controllando qualcosa. Quando gli andai vicino lo chiuse di scatto.

«Bene, andiamo», esclamò.

Uscimmo dal parcheggio dirigendoci poi verso la strada principale. Molte altre macchine erano in partenza insieme a noi.

«Allora, cosa succede?» chiesi.

«Un gruppo di funzionari locali e alcuni scienziati si sono lamentati della gente legata a questo centro per le conferenze. Non accusano nessuno di illegalità, ma sostengono che alcune persone che frequentano questo posto siano ‘indesiderabili’, e non studiosi autorizzati. I funzionari potrebbero provocare un sacco di guai, persino chiudere l’albergo.»

Lo guardai stupito, e Wil mi spiegò: «Vedi, normalmente questo albergo alloggia diversi gruppi nello stesso periodo, e solo una minima parte di questi ha a che fare con il Manoscritto. Tutti gli altri si interessano ad altre discipline e si riuniscono qui attratti dall’incredibile bellezza del posto. Se i funzionari diventano ostili e creano un clima sfavorevole, questi gruppi sceglieranno un altro posto in cui incontrarsi».

«Ma io avevo capito che le autorità locali non avrebbero mai disturbato i turisti per via del denaro che portano a Viciente!» «Lo credevo anch’io, ma qualcuno deve averli messi all’erta sul Manoscritto. Nei giardini nessuno si è accorto di nulla?»

«No, non esattamente. Si chiedevano solo come mai all’improvviso ci fosse tanta gente arrabbiata.»

Wil restò in silenzio. Uscimmo dal cancello in direzione sudest. Circa un chilometro più avanti deviammo verso la catena di montagne.

«Passeremo proprio di fianco ai giardini», disse a un certo punto Wil.

Vidi davanti a noi i campi e il primo edificio di lamiera. Mentre passavamo si aprì la porta e il mio sguardo incrociò quello della persona che stava uscendo. Era Marjorie, che mi sorrise e mi seguì con gli occhi, in modo che i nostri sguardi restarono agganciati a lungo. «Chi era?» mi chiese Wil. «Una donna che ho incontrato ieri.»

Annuì, cambiando subito argomento. «Sei riuscito a dare un’occhiata alla Terza Illuminazione?» «Me ne hanno data una copia.»

Wil non replicò, apparentemente assorto nei suoi pensieri, così tirai fuori la traduzione e ripresi la lettura dal punto in cui mi ero interrotto. Da lì in poi la Terza Illuminazione analizzava la natura della bellezza, specificando che attraverso tale percezione gli esseri umani avrebbero potuto imparare a osservare i campi di energia. Dopo questa presa di coscienza la nostra comprensione dell’universo fisico si sarebbe rapidamente trasformata.

Per esempio, avremmo cominciato a mangiare una maggiore quantità di cibo impregnato di tale energia, e saremmo diventati consapevoli del fatto che certi luoghi irradiano più energia di altri, soprattutto ambienti antichi come le foreste. Stavo per leggere le ultime pagine quando improvvisamente Wil parlò.

«Raccontami cosa hai provato ai giardini.»

Gli riferii meglio che potei gli avvenimenti di quelle due giornate, comprese le persone che avevo incontrato. Quando gli parlai del mio incontro con Marjorie si girò a guardarmi, sorridendo.

«Quanto hai raccontato a quella gente delle altre Illuminazioni e di come si collegano al lavoro che stanno svolgendo nei giardini?» volle sapere Wil.

«Non ho detto un bel niente. All’inizio non mi fidavo, e poi ho pensato che ne sapessero sicuramente più di me.»

«Credo che avresti potuto dare loro alcune informazioni molto importanti, se tu fossi stato del tutto onesto nei loro confronti.»

«Che genere di informazioni?»

«Questo lo sai solo tu.»

Rimasi senza parole e preferii guardare il paesaggio, che si era fatto collinoso e roccioso, con grossi blocchi di granito ammassati sul ciglio della strada.

«Che ne pensi del fatto che hai visto Marjorie mentre passavamo di fianco ai giardini?» mi chiese Wil.

Stavo per dire ‘Una coincidenza’, ma risposi: «Non saprei. Tu cosa pensi?»

«Io credo che nulla accade per caso. Per me significa che avete lasciato una faccenda in sospeso, qualcosa che dovevate dirvi e che non vi siete detti.»

L’idea mi interessava e infastidiva al tempo stesso. Per tutta la vita ero stato accusato di essere sempre troppo distaccato, di fare domande senza esprimere un’opinione o prendere in qualche modo posizione. Mi chiesi perché quell’argomento tornasse a galla proprio allora.

Mi accorsi anche che cominciavo a sentirmi diverso. Mentre a Viciente mi ero sentito coraggioso e sicuro di me, in quel momento ero in preda a quella che si può definire una depressione crescente mista ad ansietà.

«Adesso mi hai demoralizzato», mi lamentai. Wil scoppiò a ridere e ribatté: «Non sono stato io, è perché hai lasciato Viciente. L’energia di quel luogo ti fa volare alto come un aquilone. Secondo te, perché anni fa tutti quegli studiosi hanno cominciato a riunirsi proprio nella tenuta? Non avevano la più pallida idea del perché amassero così tanto quel posto.» Si girò per guardarmi bene in faccia. «Noi invece lo sappiamo, vero?»

Controllò la strada poi si girò ancora a guardarmi, preoccupato. «Quando lasci un posto del genere devi fare ricorso a tutta la tua energia.»

Vedendo il mio stupore mi sorrise, rassicurante. Restammo in silenzio per un chilometro, finché Wil disse: «Raccontami ancora qualcosa di quello che è successo ai giardini».

Continuai la mia storia, e quando gli riferii di aver visto i campi di energia mi guardò sorpreso, ma non fece commenti. «Tu riesci a vederli?» gli chiesi. Mi lanciò un’occhiataccia. «Sì. Continua.» Proseguii senza interrompermi finché arrivai alla discussione di Sarah con lo scienziato peruviano e la dinamica dei loro campi di energia durante l’alterco.

«Cosa hanno detto in proposito Sarah e Phil?» «Niente, mi è sembrato che non avessero un punto di riferimento su cui basarsi per un eventuale giudizio.»

«Non credo», osservò Wil. «Sono talmente affascinati dalla Terza Illuminazione che non vanno oltre. Il modo in cui gli esseri umani competono per l’energia è la Quarta Illuminazione.» «Competono per l’energia?»

Wil sorrise a stento, indicando con un cenno del capo la traduzione che avevo in mano.

Ripresi dal punto in cui mi ero interrotto. Il testo indicava chiaramente la Quarta Illuminazione: diceva che a un certo punto noi esseri umani avremmo visto l’universo come la manifestazione di una energia dinamica in grado di sostenerci e rispondere alle nostre aspettative. Al tempo stesso ci saremmo resi conto di essere stati allontananti dalla più ampia fonte di questa energia, emarginandoci e sentendoci di conseguenza deboli e insicuri.

A causa di questo distacco noi esseri umani abbiamo sempre cercato di aumentare la nostra energia personale nell’unica maniera che conosciamo: cercando di rubarla psicologicamente agli altri – una forma inconscia di competizione che è alla base di tutti i conflitti umani nel mondo.

 

 

 

LA LOTTA PER IL POTERE

La jeep finì in una buca, e il sobbalzo mi svegliò. Guardai l’orologio: erano le tre del pomeriggio. Quando mi stirai, cercando di svegliarmi completamente, sentii una fitta di dolore alla schiena.

Il viaggio era stato faticoso. Dopo aver lasciato Viciente avevamo continuato per tutto il giorno, facendo varie deviazioni come se Wil fosse in cerca di qualcosa che non riusciva a trovare. Avevamo trascorso la notte in un alberghetto con i letti duri e pieni di protuberanze, e io non ero riuscito a dormire. Ora, dopo aver viaggiato in quelle condizioni per il secondo giorno di fila ero deciso a lamentarmi.

Lanciai un’occhiata a Wil, ma era talmente concentrato nella guida, assorto e preoccupato, che decisi di non distrarlo. Sembrava ancora dell’umore cupo di alcune ore prima, quando aveva fermato la jeep dicendomi che dovevamo parlare.

«Ricordi quando ti ho detto che le Illuminazioni vanno scoperte una alla volta?» mi aveva chiesto. «Sì.»

«Tu credi che saranno loro stesse a presentarsi?»

«Finora lo hanno fatto», avevo risposto quasi scherzando.

Wil mi aveva guardato serio. «Trovare la Terza Illuminazione è stato facile, non abbiamo dovuto fare altro che visitare Vicíente. Ma da adesso in poi imbattersi nelle altre potrebbe essere molto più difficile.»

Si era interrotto per un attimo, poi aveva ripreso: «Credo che dovremmo dirigerci a sud verso il villaggio di Cula, vicino a Quilabamba. Laggiù c’è un’altra foresta vergine che penso tu debba vedere. Devi assolutamente essere pronto, perché le coincidenze avvengono regolarmente ma sei tu che devi accorgerti di loro. Capisci?»

Gli avevo risposto di sì e che avrei tenuto a mente tutto ciò che mi aveva detto. La nostra conversazione si era interrotta e io ero caduto in un sonno profondo – che ora rimpiangevo per via del mal di schiena. Mi allungai nuovamente, accorgendomi che Wil mi guardava.

«Dove siamo?» gli domandai.

«Ancora nella regione andina», fu la risposta.

Le colline avevano lasciato il posto ad alti crinali e vallate. La vegetazione si era fatta più piatta, gli alberi più piccoli e battuti dai venti. Aspirando profondamente mi accorsi che l’aria era più fredda e rarefatta.

«E’ meglio infilarsi questa», esclamò Wil tirando fuori una giacca a vento marrone dallo zaino. «Nel pomeriggio farà senz’altro freddo.»

Davanti a noi c’era uno stretto incrocio, proprio dove la strada curvava. Sul lato, vicino a un negozio e a un distributore di benzina, era parcheggiato un veicolo con il cofano aperto. Alcuni attrezzi erano sparsi su uno straccio steso sul paraurti. Mentre passavamo un uomo biondo uscì dal negozio e ci guardò. Aveva la faccia rotonda e indossava un paio di occhiali dalla montatura scura.

Lo guardai attentamente, e la mia mente fece un balzo indietro di cinque anni.

«So che non era lui», spiegai a Wil. «Ma quel tizio assomiglia terribilmente a un amico con cui lavoravo un tempo. Sono anni che non mi capita di pensare a lui.»

Ebbi l’impressione che Wil mi stesse scrutando.

«Ti avevo raccomandato di osservare bene tutto», esclamò. «Torniamo indietro a vedere se ha bisogno di aiuto. Quell’uomo non mi è sembrato un indigeno.»

Trovammo uno slargo per girare e facemmo inversione di marcia. Quando arrivammo al negozio l’uomo stava trafficando con il motore. Wil si fermò accanto alla pompa di benzina e si sporse dal finestrino.

«Sembra che tu sia nei guai», esclamò.

L’uomo spinse indietro gli occhiali sul naso, un’abitudine che aveva anche il mio amico.

«Sì», rispose. «Ho perso la pompa dell’acqua.» Dimostrava quarant’anni circa, era di corporatura snella, e parlava un inglese con accento francese.

Wil scese rapidamente dalla jeep e fece le presentazioni. Lo sconosciuto mi porse la mano con un sorriso familiare. Il suo nome era Chris Reneau.

«Lei sembra francese», dissi.

«Infatti lo sono, ma insegno psicologia in Brasile. Mi trovo qui in Perù alla ricerca di informazioni su un antico manoscritto.»

Esitai, incerto se fosse o meno il caso di fidarmi.

Alla fine mi decisi: «Anche noi siamo qui per lo stesso motivo».

Mi guardò, profondamente interessato. «Che cosa puoi dirmi in proposito? Hai visto delle copie?»

Prima che potessi rispondergli Wil uscì dall’edificio, sbattendo la porta. «Siamo fortunati», mi spiegò. «Il proprietario ha un posto dove possiamo mettere la tenda, e c’è anche del cibo caldo. Possiamo fermarci per la notte.» Si girò a guardare Reneau con aria speranzosa. «Sempre che a te non dispiaccia dividere la tua prenotazione.»

«No, anzi», ribatté Reneau. «Sono felice di avere compagnia. Fino a domattina non mi arriverà la pompa nuova.»

Mentre lui e Wil iniziavano una conversazione sulla meccanica e l’affidabilità del fuoristrada di Reneau, io mi appoggiai contro la jeep assaporando il calore del sole e scivolando in una piacevole fantasticheria sul vecchio amico che quell’incontro mi aveva riportato alla mente. Era un tipo curioso e perennemente stupito, oltre che un gran lettore. Riuscivo vagamente a ricordare le sue teorie preferite, ma il tempo aveva annebbiato i ricordi.

«Sistemiamo la nostra roba nel campeggio», mi disse Wil, dandomi una pacca sulla schiena.

«Va bene», risposi distrattamente.

Aprì lo sportello posteriore e tirò fuori la tenda e i sacchi a pelo che mi mise in braccio, poi afferrò una sacca da viaggio piena di biancheria. Reneau stava chiudendo il suo fuoristrada. Ci dirigemmo insieme oltre il negozio, scendemmo alcuni gradini e imboccammo uno stretto sentiero sulla sinistra. Dopo venti o trenta metri sentimmo il rumore di acqua corrente, e più avanti scorgemmo un ruscello che scendeva lungo le rocce. L’aria era ancora più fresca e potevo sentire il profumo penetrante della menta.

Davanti a noi il terreno si alzava e il torrente formava un laghetto del diametro di circa sei metri. Qualcuno aveva ripulito lo spiazzo circostante, sistemando anche alcune pietre in circolo per un eventuale fuoco. Appoggiata a un albero c’era una catasta di legna.

«Questo posto è perfetto», disse Wil iniziando a montare la sua grossa tenda a quattro posti. Reneau montò la sua, molto più piccola, alla destra di quella di Wil.

«Tu e Wil siete ricercatori?» mi chiese a un certo punto. Wil aveva finito di sistemare la tenda ed era andato a controllare la cena.

«Wilson è una guida, e al momento io non sto combinando granché.»

Reneau mi guardò stupito.

Gli sorrisi, chiedendogli: «Tu sei riuscito a vedere qualche parte del Manoscritto?»

«Ho visto due Illuminazioni, la Prima e la Seconda», mi rispose avvicinandosi. «E ti dirò un’altra cosa: credo che stia avvenendo tutto proprio come dice il Manoscritto. Stiamo cambiando la nostra visione del mondo, e io lo rilevo anche nel campo della psicologia.»

«In che senso?»

Respirò profondamente. «Io mi occupo di conflitti, esamino le cause del comportamento violento degli uomini. Abbiamo sempre saputo che questa violenza deriva dal bisogno degli uomini di controllare e dominare gli altri, ma solo recentemente abbiamo studiato questo fenomeno dall’interno, considerandolo dal punto di vista della coscienza individuale. Ci siamo chiesti quale sia il meccanismo interno di un essere umano all’origine del suo desiderio di esercitare controllo sul prossimo. E abbiamo scoperto anche che quando un individuo si rivolge a un altro avviando una conversazione, cosa che avviene milioni di volte al giorno nel mondo, possono esserci solo due risultati: gli interlocutori si allontaneranno sentendosi deboli o forti, a seconda di cosa è avvenuto durante il contatto.»

Gli lanciai un’occhiata ancora più stupita, e lui sembrò leggermente imbarazzato per essersi lanciato in una lunga dissertazione sull’argomento. Dovetti pregarlo di continuare.

«Per questo motivo», riprese, «noi uomini sembriamo assumere sempre un atteggiamento manipolatore. Quali che siano i particolari della situazione o l’argomento in oggetto, noi ci prepariamo a dire ciò che è necessario al fine di avere il sopravvento nella conversazione. Ognuno di noi cerca di acquisire il controllo e di avere così il dominio della conversazione. Se abbiamo successo imponendo il nostro punto di vista riceviamo una grossa carica psicologica.

«In altre parole cerchiamo di superarci in astuzia non solo per ottenere un risultato tangibile, ma anche e soprattutto perché ne ricaviamo un notevole stimolo psicologico. Questo è il motivo per cui assistiamo a così tanti conflitti irrazionali, sia tra individui sia tra intere nazioni.

«Nel mio settore il parere dominante è che questa realtà stia affiorando alla coscienza pubblica. Stiamo cominciando a capire quanto ci manipoliamo a vicenda, e di conseguenza vogliamo valutare in modo diverso le nostre motivazioni, cercando sistemi nuovi di interazione. Io credo che questa rivalutazione faccia parte della nuova visione del mondo di cui parla il Manoscritto.»

La nostra conversazione fu interrotta dall’arrivo di Wil. «La cena è pronta», annunciò.

Ci affrettammo lungo il sentiero, dirigendoci verso il seminterrato dell’edificio dove vivevano i membri della famiglia. Attraversammo il soggiorno e arrivammo in sala da pranzo dove c’era un tavolo su cui era sistemata la nostra cena: stufato, verdure e insalata.

«Accomodatevi, accomodatevi», continuava a ripetere in inglese il proprietario, tirando fuori le sedie e girandoci intorno tutto indaffarato. Alle sue spalle c’erano una donna, evidentemente sua moglie, e una ragazzina di circa quindici anni.

Mentre ci sedevamo Wil sfiorò con il braccio la sua forchetta, facendola cadere rumorosamente a terra. L’uomo lanciò un’occhiataccia alla donna, la quale si rivolse a sua volta alla ragazza che non si era ancora mossa per andare a prendere un’altra posata. Alla fine si precipitò nell’altra stanza e tornò con una forchetta pulita. La porse esitante a Wil, tenendo la schiena curva e con la mano che le tremava leggermente. Incrociai lo sguardo di Reneau, seduto dall’altra parte del tavolo.

«Buon appetito», esclamò il padrone di casa passandomi uno dei piatti. Per quasi tutta la cena Reneau e Wil chiacchierarono piacevolmente su argomenti come la vita accademica e i piaceri dell’insegnamento e dell’attività editoriale. Il proprietario se ne era andato, ma la donna era rimasta sulla soglia.

Lei e la figlia ci stavano servendo le nostre porzioni di torta quando la ragazza urtò con il gomito il mio bicchiere, rovesciando l’acqua sul tavolo. La madre la assalì urlando in spagnolo e spingendola via.

«Mi spiace molto», si scusò la donna asciugando l’acqua. «La ragazza è così maldestra.»

A quel punto la ragazzina esplose, lanciando ciò che restava della torta verso la donna, mancandola. Il piatto e il dolce atterrarono in mezzo al tavolo, andando in mille pezzi, proprio mentre il proprietario tornava nella sala.

L’uomo si mise a gridare e la ragazza fuggì. «Mi dispiace», esclamò precipitandosi al nostro tavolo. «Non c’è problema», replicai. «Cerchi di non essere così severo con sua figlia.»

Wil si alzò per pagare il conto, poi battemmo in ritirata. Reneau era rimasto in silenzio, e si decise a parlare solo dopo che fummo usciti.

«Avete visto quella ragazza?» domandò guardandomi. «E’ un classico esempio di violenza psicologica. Ed è quello che succede quando l’esigenza di controllare gli altri arriva agli estremi. L’uomo e la donna dominano completamente la figlia: avete visto com’era nervosa?»

«Sì, e mi è sembrato anche che non ne potesse più.» «Esatto! I suoi genitori non le danno mai un attimo di respiro, e dal suo punto di vista è convinta di non avere altra scelta se non la ribellione violenta. È l’unico modo in cui crede di poter acquisire il controllo. Sfortunatamente, a causa di questi traumi giovanili, quando diventerà adulta penserà di dover controllare e dominare gli altri con la stessa intensità. Questa caratteristica, profondamente radicata in lei, la renderà prepotente come lo sono adesso i suoi genitori, soprattutto quando avrà a che fare con esseri più vulnerabili come ad esempio i bambini.

«E’ chiaro che i suoi genitori hanno subito questo stesso trauma prima di lei: si sentono costretti a dominare così come li hanno dominati i loro stessi genitori. In questo modo la violenza psicologica viene tramandata da una generazione all’altra.» Reneau si bloccò di colpo. «Devo andare a prendere il mio sacco a pelo in macchina», spiegò. «Torno in un secondo.» Feci cenno di sì, e proseguii con Wil verso il campeggio. «Tu e Reneau avete parlato a lungo», osservò Wil. «Sì, è vero», ammisi.

Sorrise. «A dire il vero, è stato Reneau a fare gran parte dei discorsi. Tu ascolti e rispondi alle sue domande senza concedere molto di più.»

«Mi interessa quello che dice», esclamai sulla difensiva. Wil mi ignorò. «Hai visto gli spostamenti di energia tra i membri di quella famiglia? L’uomo e la donna assorbivano quella della ragazza, lasciandola mezza morta.»

«Ho dimenticato di osservare i flussi di energia.» «Non pensi che a Reneau avrebbe fatto piacere vederli? Perché credi di averlo incontrato?» «Non saprei.»

«Non pensi che ci sia un significato in tutto questo? Stavamo guidando lungo la strada quando a un tratto hai visto una persona che ti ricordava un tuo vecchio amico, e facendo la sua conoscenza apprendiamo che anche lui è sulle tracce del Manoscritto. Non ti sembra che tutto ciò vada oltre una banale coincidenza?» «Sì.»

«Forse vi siete incontrati affinché tu possa ricevere qualche informazione che aumenti il significato del tuo viaggio. E di conseguenza magari sei in grado di fornirne qualcuna a lui.» «Sì, credo di sì. Cosa potrei dirgli?»

Wil mi lanciò un’altra delle sue occhiate cariche di affetto. «La verità.»

Prima che io potessi replicare Reneau arrivò saltellando lungo il sentiero.

«Ho portato una torcia, nel caso ci possa servire più tardi.» Solo allora mi accorsi che si stava facendo sera e guardai verso ovest: il sole era già tramontato, ma il cielo era ancora arancione. Le poche nuvole da quella parte erano di un colore più scuro, quasi rossastro. Per un attimo mi sembrò di scorgere un campo biancastro di energia intorno alle piante più vicine, ma l’immagine svanì subito.

«E un bellissimo tramonto», esclamai accorgendomi che Wil era scomparso nella sua tenda mentre Reneau stava sistemando il suo sacco a pelo.

«Sì, davvero», disse distrattamente. Mi avvicinai.

Lui alzò lo sguardo e mi chiese: «Non sono riuscito a chiedertelo prima: quali Illuminazioni hai visto?»

«Le prime due mi sono state solo descritte», risposi. «Ma veniamo da una breve sosta di due giorni a Viciente, nei pressi di Satipo, e mentre ci trovavamo là una delle persone che si occupa delle ricerche mi ha dato una copia della Terza Illuminazione. E’ davvero incredibile.»

I suoi occhi si illuminarono. «Ce l’hai con te?» «Sì. Vuoi darle un’occhiata?»

Colse al volo l’opportunità e se ne andò nella sua tenda a leggere. Trovai alcuni fiammiferi e un vecchio giornale, e li usai per accendere il fuoco. Quando Wil strisciò fuori dalla sua tenda le fiamme ardevano luminose. «Dov’è Reneau?» mi chiese.

«Sta leggendo la traduzione che mi ha dato Sarah.» Wil si accomodò su un tronco liscio che era stato appositamente sistemato davanti al fuoco e io lo raggiunsi. L’oscurità era ormai calata e non si poteva vedere nulla oltre al profilo degli alberi sulla nostra sinistra, le luci lontane della stazione di servizio alle nostre spalle e un bagliore tenue che proveniva dalla tenda di Reneau. Il bosco era animato dai suoni notturni, alcuni per me sconosciuti.

Dopo una mezz’ora Reneau emerse dalla sua tenda tenendo in mano la torcia, e venne a sedersi alla mia sinistra. Wil stava sbadigliando.

«Questa Illuminazione è stupefacente», esclamò. «Ma esiste davvero qualcuno in grado di vedere i campi di energia?»

Gli riferii brevemente le mie esperienze, dal nostro arrivo fino al momento in cui io stesso avevo visto i campi.

Restò un attimo in silenzio poi mi domandò: «Stavano veramente compiendo degli esperimenti quando proiettavano la loro energia sulle piante, influenzandone la crescita?»

«Influivano anche sui loro valori nutritivi», aggiunsi. «Ma l’Illuminazione principale è ancora più ampia», commentò quasi parlando fra sé. «La Terza Illuminazione consiste nella consapevolezza che l’intero universo è composto da tale energia, e che noi possiamo influenzare altre cose oltre le piante, semplicemente utilizzando l’energia che ci appartiene, la parte che siamo in grado di controllare.» Fece una lunga pausa. «Mi domando in che modo possiamo influenzare le altre persone con la nostra energia.»

Wil mi guardò sorridendo.

«Posso dirti ciò che ho visto: ho assistito a una lite fra due persone e le loro energie si comportavano in modo decisamente strano.»

Reneau spinse di nuovo gli occhiali all’indietro sul naso. «Raccontami tutto.»

A quel punto Wil si alzò. «Credo sia meglio che io mi ritiri, è stata una giornata lunghissima.»

Gli augurammo la buona notte e lui entrò nella sua tenda. Descrissi a Reneau come meglio mi riuscì ciò che si erano detti Sarah e gli altri scienziati, sottolineando l’azione dei loro campi di energia.

«Aspetta un attimo», mi interruppe Reneau. «Tu hai visto durante la lite le loro energie attirarsi a vicenda, cercando di ‘catturarsi’?» «Esatto.»

Rimase pensieroso per alcuni istanti. «E’ qualcosa da analizzare a fondo. Due persone litigano per imporre il proprio punto di vista e ciascuno è deciso a spuntarla sull’altro, anche a costo di minare la fiducia in se stesso e di ricorrere agli insulti.» Sollevò di scatto la testa. «Sì, tutto ciò ha senso!» «Cosa vuoi dire?»

«Il movimento di questa energia, se riusciamo a osservarla sistematicamente, ci permette di capire che cosa avviene negli esseri umani quando sono in competizione, litigano e si fanno del male. Quando controlliamo un’altra persona ci impossessiamo della sua energia, caricandoci a sue spese, e la nostra motivazione consiste proprio in questa carica. Senti, io devo assolutamente imparare a vedere i campi di energia. Dov’è Viciente? Come faccio ad arrivarci?»

Gli indicai la zona, aggiungendo che avrebbe dovuto rivolgersi a Wil per i dettagli.

«Va bene, lo farò domani», mi assicurò. «Adesso ho bisogno di dormire. Voglio partire il più presto possibile.»

Mi augurò la buona notte e scomparve nella sua tenda, lasciandomi solo davanti al fuoco scoppiettante tra i rumori della notte.

Quando mi svegliai Wil era già fuori dalla tenda. Potevo sentire il profumo della colazione. Scivolai fuori dal sacco a pelo e sbirciai

attraverso una fessura: Wil teneva una pentola sul fuoco. Ma non vidi Reneau e nemmeno la sua tenda.

«Dov’è Reneau?» domandai avvicinandomi al fuoco.

«Ha già fatto i bagagli e adesso è andato a sistemare il fuoristrada in modo da poter partire appena arriva il pezzo di ricambio.»

Wil mi porse una ciotola di pappa d’avena e ci sedemmo su uno dei tronchi a mangiare.

«Siete rimasti alzati a parlare fino a tardi?» mi chiese.

«Non proprio. Gli ho raccontato tutto quello che so.»

In quel momento sentimmo dei rumori provenienti dal sentiero. Reneau stava avanzando velocemente verso di noi.

«Sono pronto. Adesso devo salutarvi.»

Dopo alcuni minuti di conversazione Reneau se ne andò. Wil e io ci lavammo e rademmo a turno nel bagno del proprietario della stazione di servizio, poi preparammo i bagagli, facemmo il pieno di benzina e partimmo, diretti a nord.

«Quanto dista Cula?» domandai.

«Se siamo fortunati ci arriviamo prima di sera. Allora, che cosa hai imparato da Reneau?»

Ebbi l’impressione che si aspettasse una risposta precisa. «Non saprei.»

«Che idea ti ha lasciato?»

«Che noi esseri umani abbiamo la tendenza a controllare e dominare gli altri, seppure a livello inconscio. Vogliamo conquistare l’energia che scorre tra le persone perché in qualche modo ci rafforza, ci fa sentire meglio.»

Wil fissava la strada davanti a sé come se stesse improvvisamente pensando a qualcos’altro.

«Perché vuoi saperlo?» gli chiesi. «E’ questa la Quarta Illuminazione?»

«Non esattamente. Hai visto fluire l’energia fra due persone, ma non sono sicuro che tu sappia cosa si prova se dovesse accadere a te.»

«Allora dimmi cosa si prova!» esclamai esasperato. «Mi accusi sempre di non parlare, ma ottenere un’informazione da te è come strapparti un dente! Per giorni interi ho cercato di scoprire qualcosa sulle tue esperienze passate con il Manoscritto, e tu non fai altro che cercare di sviarmi.»

Wil scoppiò a ridere. «Abbiamo fatto un patto, ricordi? Ho

un’ottima ragione per essere così riservato. Una delle Illuminazioni riguarda il modo di interpretare gli avvenimenti passati della propria vita. E un processo grazie al quale diventa chiaro chi siamo e per quale scopo ci troviamo su questo pianeta. Prima di parlarti di me voglio che raggiungiamo questa Illuminazione, d’accordo?»

Sorrisi per l’audacia delle sue parole. «Credo di sì.»

Viaggiammo in silenzio per il resto della mattina. Il sole era alto nel cielo blu. Mentre salivamo sulle montagne, di tanto in tanto nuvole spesse ci attraversavano la strada lasciando il parabrezza leggermente bagnato. Verso mezzogiorno ci fermammo in un punto che offriva una vista spettacolare delle montagne e delle vallate che si stendevano a est.

«Hai fame?» mi chiese Wil.

Annuii, e lui tirò fuori da una borsa che teneva sul sedile posteriore due panini avvolti con cura. Dopo avermene passato uno mi chiese: «Cosa ne pensi di questo panorama?»

«E’ splendido.»

Sorrise e mi fissò, dandomi l’impressione che stesse osservando il mio campo d’energia.

«Che stai facendo?»

«Sto solo guardando. Le cime delle montagne sono luoghi speciali che possono creare energia in chiunque ci si trovi. Sembra che tu abbia una certa affinità con i panorami di montagna.»

Raccontai a Wil della vallata di mio nonno, del crinale sovrastante il lago e della sensazione di grande energia e benessere che avevo avvertito proprio il giorno in cui era arrivata Charlene.

«Forse crescere da quelle parti ti ha preparato per qualcosa che accadrà qui, adesso.»

Stavo per chiedergli qualcos’altro a proposito dell’energia che deriva dalle montagne ma Wil aggiunse: «Quando una foresta vergine si trova su una montagna l’energia viene ulteriormente amplificata».

«La foresta a cui siamo diretti si trova in cima a una montagna?» gli chiesi.

«Guarda tu stesso», mi rispose. «Puoi vederla benissimo.»

Indicò a oriente. Ad alcuni chilometri di distanza riuscivo a scorgere due crinali che correvano paralleli per un lungo tratto, per poi unirsi. Nel mezzo giaceva quella che mi sembrò una minuscola cittadina, e nel punto d’incontro dei crinali la montagna saliva bruscamente, creando una cima rocciosa. La cima appariva leggermente più alta della dorsale su cui ci trovavamo e l’area intorno alla sua base sembrava molto più verdeggiante, come se fosse coperta da una foresta lussureggiante. «Quell’area così verde?» domandai. «Sì. E come Viciente, ma molto più potente e speciale.» «In che senso, speciale?» «Facilita una delle altre Illuminazioni.» «Come?»

Wil rimise in moto la jeep e tornò sulla strada. «Scommetto che lo scoprirai.»

Nell’ora successiva nessuno di noi due parlò, e io finii per addormentarmi. Più tardi sentii Wil che mi scuoteva. «Svegliati, stiamo per arrivare a Cula.» Mi alzai a sedere. Davanti a noi, nella vallata in cui confluivano due strade sorgeva una cittadina. Ai lati c’erano i crinali che avevamo visto prima e che erano ricoperti da alberi giganteschi e verdissimi come quelli di Viciente.

«Vorrei dirti qualcosa, prima di arrivare. Nonostante l’energia della foresta questa città è molto meno civilizzata rispetto ad altre zone del Perù. Si sa che è un luogo in cui si possono ottenere informazioni sul Manoscritto, ma l’ultima volta che ci sono venuto era pieno di tipacci avidi che non sentivano l’energia e non capivano affatto le Illuminazioni. Erano interessati solo al denaro e alla fama che avrebbero ottenuto scoprendo la Nona Illuminazione.»

Guardai il villaggio, e contai quattro o cinque strade e viali. Lungo le due vie principali che si incrociavano al centro del paese si allineavano edifici di grandi dimensioni, ma le altre strade erano vicoli in cui si trovavano dimore modestissime. All’incrocio erano parcheggiati una decina di camion e fuoristrada. «Come mai c’è tutta questa gente?» domandai. Wil mi sorrise con aria intrepida. «Perché è uno degli ultimi posti in cui si possono trovare benzina e viveri prima di addentrarsi nella regione delle montagne.»

Mise in moto la jeep e si diresse lentamente in paese, fermandosi davanti a uno degli edifici più grandi. Non riuscii a leggere l’insegna scritta in spagnolo, ma dai prodotti esposti in vetrina immaginai che si trattasse di un emporio dove vendevano articoli di drogheria e ferramenta.

«Aspettami un attimo, devo andare a prendere alcune cose.»

Annuii e Wil sparì all’interno. Mentre mi guardavo intorno scorsi un camion che si fermava dall’altra parte della strada per lasciar scendere alcune persone. Fra loro c’era una donna dai capelli scuri che indossava una giacca da lavoro, e con mia grande sorpresa mi accorsi che si trattava di Marjorie. Attraversò la strada insieme a un ragazzo sui vent’anni, proprio davanti a me.

Aprii la portiera e saltai giù gridando: «Marjorie!»

Si fermò, guardandosi intorno, poi mi vide e sorrise. «Salve», esclamò. Appena fece per avvicinarsi il ragazzo la prese per un braccio.

«Robert ci ha raccomandato di non parlare con nessuno», le sussurrò cercando di non farsi sentire da me.

«Va tutto bene», lo rassicurò. «Lo conosco. Tu vai pure avanti.»

Dopo avermi lanciato un’occhiata poco convinta il ragazzo fece marcia indietro ed entrò nel negozio. Un po’ titubante cercai di spiegare cosa era successo tra noi ai giardini. Marjorie scoppiò a ridere, e mi disse che Sarah le aveva già raccontato ogni cosa. Stava per aggiungere qualcos’altro quando Wil uscì con le provviste.

Li presentai e parlammo insieme per alcuni minuti mentre Wil sistemava la roba sulla jeep.

«Ho un’idea», propose lui. «Perché non andiamo a mangiare un boccone in quel locale dall’altra parte della strada?»

Guardai quella che sembrava una piccola tavola calda. «Per me va bene.»

«Non saprei», intervenne Marjorie. «Devo andarmene presto, mi hanno dato un passaggio.»

«Dove sei diretta?» le chiesi.

«Torniamo indietro un paio di chilometri verso ovest. Sono venuta a visitare un gruppo che sta studiando il Manoscritto.»

«Possiamo riportarti più tardi, dopo cena», suggerì Wil.

«Direi che si può fare.»

Wil si rivolse a me. «Devo andare a prendere un’altra cosa. Voi due andate avanti e cominciate a ordinare. Io arriverò fra pochi minuti.»

Acconsentimmo ma restammo fermi per consentire il passaggio di una fila di camion. Wil si diresse a sud. Improvvisamente il ragazzo con cui Marjorie era arrivata uscì dal negozio e venne nuovamente ad affrontarci.

«Dove stai andando?» le chiese, prendendola ancora per un braccio.

«Questo è un mio amico, stiamo andando a mangiare qualcosa insieme e poi mi riaccompagnerà.»

«Senti, qui non possiamo fidarci di nessuno. Sai che Robert non approverebbe.»

«Va tutto bene.»

«Voglio che tu venga con me, subito!»

Gli afferrai il braccio e lo staccai da Marjorie. «Hai sentito cosa ti ha detto», esclamai. Fece un passo indietro e mi fissò, sembrandomi di colpo molto timido. Alla fine si girò per tornare dentro al negozio.

«Andiamo», la esortai.

Attraversammo la strada ed entrammo nella tavola calda. L’area riservata al ristorante era una sola stanza occupata da otto tavoli, ed era impregnata dall’odore di fritto e tabacco. Scorsi un tavolo libero sulla sinistra. Mentre ci accomodavamo molte persone ci guardarono di sottecchi e tornarono poi alle loro occupazioni.

La cameriera parlava solo spagnolo, ma per fortuna Marjorie se la cavava bene e fu in grado di ordinare per entrambi. Mi rivolse poi uno sguardo pieno di calore.

Le sorrisi. «Chi è il ragazzo che stava con te?» «E’ Kenny. Non so cosa gli sia successo, ma ti ringrazio comunque per avermi aiutato.»

Mi guardò negli occhi e le sue parole mi diedero una sensazione meravigliosa. «Come hai fatto a rimanere invischiata con quella gente?»

«Robert Jensen è un archeologo che ha formato un gruppo per studiare il Manoscritto e cercare la Nona Illuminazione. Era già venuto a Viciente alcune settimane fa, poi è tornato da un paio di giorni… Io…»

«Cosa?»

«Dunque, io ero intrappolata in una relazione da cui volevo uscire. Poi incontrai Robert, così affascinante, e ciò che faceva mi sembrò terribilmente interessante. Mi convinse che la nostra ricerca ai giardini avrebbe potuto avvalersi della Nona Illuminazione e che lui era sul punto di scoprirla. Mi raccontò che cercare quella Illuminazione sarebbe stata la cosa più eccitante della sua vita, e quando mi offrì un posto nella squadra per alcuni mesi io decisi di accettare….» Si interruppe nuovamente e abbassò lo sguardo sul tavolo. Mi sembrò a disagio, e preferii quindi cambiare argomento.

«Quante Illuminazioni hai letto?» le domandai. «Solo quella che ho visto a Viciente. Robert ne possiede altre, ma è convinto che la gente debba liberarsi delle proprie credenze prima di poterle comprendere. E dice che sarà lui a spiegare agli altri i concetti principali.»

Probabilmente assunsi un’espressione accigliata, poiché lei si affrettò ad aggiungere: «Non ti piace molto, vero?» «Mi sembra sospetto», le risposi.

Mi lanciò un’altra occhiata espressiva. «Anch’io ho avuto qualche dubbio. Magari, quando mi riaccompagnate, tu potresti parlare con lui e dirmi poi cosa ne pensi.»

La cameriera venne a servirci la cena, e mentre si allontanava vidi entrare Wil. Si avvicinò velocemente al nostro tavolo.

«Devo incontrare alcune persone a circa un chilometro a nord da qui, e starò via un paio d’ore. Tu puoi prendere la jeep e riaccompagnare Marjorie. Io mi farò dare un passaggio.» Mi sorrise. «Possiamo incontrarci qui.»

Dapprima pensai di raccontargli di Robert Jensen, ma poi decisi di non farlo. «Va bene», esclamai.

Si rivolse a Marjorie. «E’ stato un piacere incontrarti. Mi sarebbe piaciuto avere il tempo di fermarmi a fare due chiacchiere.»

Lei lo guardò timidamente. «Magari un’altra volta.» Wil annuì, mi diede le chiavi dell’auto e se ne andò. Marjorie mangiò in silenzio per un po’ poi mi chiese: «Sembra un uomo animato da uno scopo preciso. Come l’hai incontrato?» Le raccontai nei dettagli le mie esperienze dall’arrivo in Perù, mentre lei mi ascoltava con la massima attenzione. Era così concentrata che mi ritrovai a narrare la mia storia con grande disinvoltura, riferendo le svolte drammatiche e i vari episodi con intuito e sensibilità. Marjorie, affascinata, pendeva letteralmente dalle mie labbra.

«Santo Cielo!» esclamò a un certo punto. «Credi di essere veramente in pericolo?»

«No, non penso. Almeno, non a questa distanza da Lima.» Dato che continuava a fissarmi ansiosa, mentre finivamo di cenare le riassunsi brevemente ciò che era accaduto a Viciente fino al momento in cui io e Sarah eravamo arrivati ai giardini.

«E’ a quel punto che ti ho incontrata, e tu sei scappata via di corsa.»

«Non è andata esattamente così: non ti conoscevo, e quando ho visto cosa stavi provando ho pensato che avrei fatto meglio ad andarmene.»

«Scusami», ridacchiai, «per aver lasciato che la mia energia mi sfuggisse di mano!»

Diede un’occhiata all’orologio. «Credo che dovrei tornare. Si staranno chiedendo che fine abbia fatto.»

Lasciai sul tavolo il denaro del conto e uscimmo insieme, diretti alla jeep di Wil. La notte era gelida, tanto che potevamo vedere il nostro fiato che si condensava in nuvolette di vapore. Marjorie mi indicò la strada: «Torna indietro e vai sempre dritto verso nord finché non ti dico di girare».

Annuii, feci una rapida inversione e mi diressi a nord. «Dimmi qualcosa della fattoria a cui siamo diretti», le chiesi. «Credo che Robert l’abbia presa in affitto. Pare che il suo gruppo l’abbia usata a lungo come base mentre lui studiava le Illuminazioni. Da quando sono là ognuno di loro si è occupato di raccogliere provviste, tenere in ordine i veicoli e cose così. Alcuni dei suoi uomini sembrano molto rozzi.» «Come mai ti ha chiesto di unirti a loro?» «Mi ha spiegato che voleva una persona che lo aiutasse a interpretare l’ultima Illuminazione, una volta che l’avessimo trovata. Almeno, questo è quanto mi ha raccontato a Viciente. Qui parla solo di provviste e di preparativi per il viaggio.» «Dove ha intenzione di andare?»

«Non lo so, ogni volta che glielo chiedo evita di rispondermi.» Dopo circa un chilometro e mezzo mi indicò di girare a sinistra, lungo una strada stretta e sassosa che portava a un ponte, oltre il quale si apriva una vallata. Ci trovammo poi davanti a una fattoria fatta di assi di legno rozzamente lavorate. Alle sue spalle c’erano alcuni edifici più piccoli e dei fienili. Tre lama ci sbirciarono dall’altra parte di un prato cintato.

Rallentammo fino a fermarci del tutto e molte persone circondarono la jeep, fissandoci senza sorridere. Sentii il ronzio di un

generatore elettrico alimentato a gas al lato della casa. La porta si aprì e un uomo alto dai capelli scuri e i lineamenti decisi si incamminò verso di noi.

«Quello è Robert», mi spiegò Marjorie.

«Bene», esclamai sentendomi ancora forte e sicuro di me.

Uscimmo dalla jeep nel momento in cui Jensen ci raggiunse. Si rivolse subito a Marjorie.

«Ero preoccupato per te. Mi sembra di aver capito che hai incontrato un amico.»

Mi presentai, e Jensen mi strinse la mano con vigore.

«Sono Robert Jensen, e mi fa piacere che stiate bene tutti e due. Venite.»

All’interno c’erano molte persone indaffarate con le provviste, e un uomo stava portando una tenda e del materiale da campeggio sul retro. Riuscii a scorgere due donne peruviane che impacchettavano del cibo in cucina. Jensen si accomodò su una delle sedie del soggiorno, indicandoci con un cenno le altre due.

«Perché hai detto di essere felice che noi stessimo bene?» gli chiesi.

Si chinò verso di me, domandandomi in tono sincero: «Da quanto tempo ti trovi in questa zona?»

«Solo da oggi pomeriggio.»

«Allora non puoi sapere quanto sia pericolosa… continua a scomparire gente. Hai mai sentito parlare del Manoscritto e della Nona Illuminazione che non è ancora stata trovata?»

«Sì, in effetti…»

«Allora devi sapere cosa sta succedendo», mi interruppe. «La ricerca dell’ultima Illuminazione è diventata una faccenda pericolosa. Ci sono coinvolti alcuni personaggi poco raccomandabili.»

«Chi?» gli domandai.

«Gente a cui non interessa affatto il valore archeologico della scoperta. Persone che vogliono impossessarsi dell’Illuminazione solo ed esclusivamente per certi loro scopi.»

Un omone grande e grosso con la barba interruppe la nostra conversazione per mostrare a Jensen una lista. I due discussero brevemente in spagnolo.

Jensen si rivolse nuovamente a me. «Anche tu sei qui alla ricerca dell’Illuminazione mancante? Hai idea del guaio in cui ti stai cacciando?»

Mi sentii impacciato, e riuscii a esprimermi a fatica. «Dunque… a me interessa soprattutto sapere qualcosa di più sull’intero Manoscritto. Fino a oggi non ne ho visto granché.»

Jensen si raddrizzò sulla sedia: «Ti rendi conto che il Manoscritto è di proprietà dello Stato e che ne sono state fatte delle copie illegalmente?»

«Sì, però alcuni studiosi non sono d’accordo. Credono infatti che il governo stia eliminando nuove…»

«Allora, secondo te, il Perù non ha il diritto di controllare i suoi tesori archeologici? Il governo sa che ti trovi in questo paese?»

Non sapevo più cosa dire – il groppo d’ansia allo stomaco si faceva risentire.

«Cerca di non fraintendermi», esclamò sorridendo. «Io sono dalla tua parte. Volevo soltanto sapere se hai una forma di sostegno accademico al di fuori del paese. Anche se ho la sensazione che tu ti stia semplicemente lasciando trascinare.»

«Qualcosa del genere», confermai.

Mi accorsi che l’attenzione di Marjorie si era spostata da me a Jensen. «Cosa credi che dovrebbe fare?» gli chiese.

Jensen si alzò in piedi, sempre sorridendo. «Potrei trovargli un’occupazione qui con noi, dato che abbiamo bisogno di altra gente. Siamo diretti in un luogo relativamente sicuro, o almeno credo. E se le cose non funzionano può sempre tornarsene a casa.»

Mi guardò attentamente. «Ma dovrà fare esattamente tutto ciò che gli dico, per tutto il viaggio.»

Lanciai un’occhiata a Marjorie, che aveva ancora lo sguardo fisso su Jensen. Mi sentii confuso: forse avrei dovuto prendere in considerazione l’offerta di quell’uomo. Se lui era in buoni rapporti con il governo avrebbe potuto rappresentare la mia unica opportunità per un rientro legale negli Stati Uniti. Forse mi ero sbagliato. Forse Jensen aveva ragione e io non riuscivo a pensare con chiarezza.

«Credo dovresti riflettere su quanto ti ha detto Robert», commentò Marjorie. «Andarsene in giro da soli fa davvero paura.»

Anche se sapevo che avrebbe potuto aver ragione, avevo ancora fiducia in Wil e in quello che stavamo facendo. Volevo esprimere questi concetti ma quando cercai di parlare mi accorsi che non riuscivo a trovare le parole adatte. Non ero più in grado di pensare con chiarezza.

Improvvisamente l’omone gigantesco entrò ancora nella stanza e guardò fuori dalla finestra. Jensen si alzò di scatto e andò anche lui a guardare. Si rivolse poi a Marjorie dicendole con noncuranza: «Sta arrivando qualcuno. Vai a cercare Kenny e digli di venire qui».

Lei acconsentì e uscì immediatamente. Attraverso la finestra riuscivo a vedere le luci di un furgone in avvicinamento. Il veicolo parcheggiò appena fuori dal recinto, a una cinquantina di metri da noi.

Quando Jensen aprì la porta sentii qualcuno all’esterno dire il mio nome.

«Chi è?» domandai.

Jensen mi lanciò un’occhiata pungente. «Sta’ zitto.» Lui e il gigante uscirono chiudendosi la porta alle spalle. Dalla finestra riuscii a scorgere il profilo di una figura solitaria che si stagliava contro la luce dei fari. Il mio primo impulso fu quello di restare dentro. Ciò che Jensen aveva detto a proposito della mia situazione mi aveva riempito di cattivi presentimenti, ma qualcosa nella persona accanto al furgone mi sembrò familiare. Appena Jensen mi vide si girò rapidamente, incamminandosi verso di me.

«Che stai facendo? Torna subito dentro!»

Mi sembrò di sentire ancora il mio nome che qualcuno stava gridando superando il frastuono del generatore.

«Vai dentro, subito!» gridò ancora Jensen. «Potrebbe essere una trappola.» Si era piazzato proprio davanti a me e mi impediva di vedere il furgone. «Torna subito in casa!»

Mi sentivo completamente confuso e in preda al panico, incapace di prendere una decisione. Poi la figura dietro ai fari si avvicinò e io riuscii a distinguerla, sentendo chiaramente la sua voce: «… vieni qui, ho bisogno di parlarti!» Appena venne più vicino la mia testa si schiarì del tutto e mi accorsi che si trattava di Wil. Gli corsi incontro, oltrepassando Jensen.

«Cosa ti è successo?» si affrettò a chiedermi. «Dobbiamo andarcene da qui.»

«E Marjorie?» gli chiesi.

«In questo momento non possiamo fare niente per lei», mi rispose Wil. «E’ meglio che ce ne andiamo.»

Stavamo per allontanarci quando Jensen gridò: «Faresti meglio a restare. Non ce la farai mai».

Mi girai a guardarlo.

Wil si fermò, dandomi la possibilità di scegliere se rimanere o partire.

«Andiamo», esclamai.

Passammo accanto al furgone in cui era arrivato Wil, e mi accorsi che altri due uomini erano rimasti ad aspettare sul sedile davanti. Quando arrivammo alla jeep Wil mi chiese le chiavi e si mise alla guida. Ci allontanammo seguiti dai suoi amici.

Wil si girò a guardarmi. «Jensen mi ha detto che avevi deciso di restare con il suo gruppo. Che stava succedendo?»

«Come fai a sapere il suo nome?» riuscii appena a balbettare.

«Ho sentito parlare molto di questo tizio», replicò Wil. «Lavora per il governo peruviano. E’ davvero un archeologo, ma si è impegnato a mantenere il segreto sull’intera faccenda in cambio del diritto esclusivo a studiare il Manoscritto. Non era però in programma che se ne andasse alla ricerca dell’Illuminazione mancante, e a quanto pare ha deciso di non rispettare l’accordo. Sembra che sia sul punto di partire.

«Quando ho scoperto che è proprio la persona con cui si trova Marjorie ho pensato che avrei fatto bene a venire fin qua. Che cosa ti ha raccontato?»

«Che sono in pericolo, che avrei dovuto unirmi a lui e che se glielo avessi chiesto mi avrebbe aiutato a lasciare il paese.»

Wil scrollò la testa. «Ti aveva proprio incastrato.»

«Cosa vorresti dire?»

«Avresti dovuto vedere il tuo campo d’energia: era defluito quasi completamente in quello di Jensen!»

«Non capisco.»

«Cerca di ricordarti la lite di Sarah con quello scienziato a Viciente… Se tu avessi assistito alla vittoria di uno dei due, se uno dei contendenti fosse riuscito a convincere l’altro dell’esattezza delle proprie affermazioni, avresti potuto notare l’energia del perdente fluire in quella del vincitore lasciandolo logorato, privo di forze e confuso – proprio come ci era apparsa la ragazza della famiglia peruviana e come sembri tu adesso», concluse sorridendo.

«E successo anche a me?» gli chiesi.

«Sì. E per te è stato estremamente difficile arrestare il suo controllo e riprenderti. Per un istante ho pensato che non ce l’avresti fatta.»

«Gesù», esclamai. «Quello lì è un vero demonio.» «Non del tutto. Probabilmente è consapevole solo a metà di ciò che sta facendo. Crede di avere il diritto di controllare la situazione, e senza dubbio ha imparato molto tempo fa che per avere il predominio occorre seguire una determinata strategia. Prima finge di essere tuo amico e poi trova qualcosa di sbagliato nel tuo comportamento. Nel tuo caso ti ha convinto di essere in pericolo. In pratica indebolisce la fiducia che hai nel cammino che ti sei scelto finché cominci a identificarti con lui. Non appena ciò accade sei in suo potere.»

Wil mi fissò. «Questa è solo una delle strategie che la gente utilizza per impossessarsi dell’energia altrui. Imparerai in seguito gli altri sistemi, grazie alla Sesta Illuminazione.»

Ma io non lo ascoltavo più. I miei pensieri erano tornati a Marjorie: non ero per niente felice di averla lasciata in quel luogo.

«Credi che dovremmo cercare di recuperare Marjorie?» gli chiesi.

«Non adesso. Per il momento non credo sia in pericolo. Possiamo tornare domani e cercare di parlarle.»

Restammo in silenzio per alcuni minuti, poi Wil riprese: «Hai capito ciò che ti ho spiegato a proposito del fatto che Jensen non si rende conto del suo comportamento? Non è poi così diverso dalla maggior parte della gente: si limita a fare ciò che lo fa sentire più forte».

«No, temo proprio di non aver capito.» Wil si fece pensieroso. «La gente non se ne rende ancora conto. Sappiamo solo che ci sentiamo deboli, ma quando possiamo controllare gli altri stiamo meglio. Non riusciamo però a capire il prezzo che pagano coloro che ci circondano per questa nostra sensazione di benessere: in pratica noi rubiamo la loro energia. La maggior parte delle persone trascorre la propria esistenza alla ricerca perenne dell’energia altrui.»

Mi guardò con uno strano bagliore negli occhi. «A volte le cose vanno in maniera diversa, quando per esempio incontriamo qualcuno che almeno per un certo periodo ci permette volontariamente di usufruire della sua energia.» «Dove vorresti arrivare?»

«Prova a ripensare a quando sono arrivato mentre tu e Marjorie stavate mangiando insieme in quella tavola calda.» «Sì.»

«Non so di cosa stavate parlando, ma la sua energia stava chiaramente riversandosi su di te. Ho potuto vederlo benissimo appena sono entrato. Come ti sentivi?»

«Bene. A dire il vero, le esperienze e i concetti che stavo illustrando mi sembravano chiarissimi, e riuscivo a esprimermi con grande facilità. Ma questo cosa significa?»

Wil mi sorrise. «A volte un’altra persona fa in modo che siamo noi stessi a definire la sua situazione, donandoci spontaneamente l’energia, proprio come ha fatto Marjorie con te. Ci fa sentire potenti ma si tratta di un effetto che generalmente non dura a lungo. La maggior parte della gente – compresa la stessa Marjorie – non è abbastanza forte per poter continuare a distribuirla. Ecco perché in genere le relazioni si trasformano in lotte di potere: gli esseri umani accumulano tale energia e si battono per averne il controllo. E il perdente deve sempre pagare un caro prezzo.»

Si interruppe bruscamente. «Hai raggiunto la Quarta Illuminazione? Prova a pensare a cosa ti è successo: hai notato che l’energia fluisce da una persona all’altra e ti sei chiesto cosa volesse dire, poi abbiamo incontrato Reneau il quale ti ha raccontato che gli psicologi sono già alla ricerca del motivo per cui gli esseri umani cercano di dominarsi a vicenda.

«E ne abbiamo avuto la prova con la famiglia peruviana. Hai potuto vedere chiaramente che chi reprime un’altra persona si sente astuto e potente, mentre invece chi è dominato viene derubato della sua energia vitale. Non c’è nessuna differenza se raccontiamo a noi stessi che lo facciamo per il bene dell’altra persona, o che si tratta dei nostri bambini e abbiamo quindi il dovere di assumere il controllo: il danno persiste ugualmente.

«Poi ti sei imbattuto in Jensen, e hai provato tu stesso cosa accade, hai visto che quando qualcuno ti domina dal punto di vista psichico in pratica ti deruba della tua mente. Non hai perso uno scontro intellettuale con Jensen: semplicemente, non avevi l’energia o la chiarezza mentale per discutere e tutti i tuoi poteri mentali confluivano in lui. Sfortunatamente questo tipo di violenza psicologica si verifica in continuazione, coinvolgendo spesso persone animate dalle migliori intenzioni.»

Mi limitai ad annuire. Wil aveva riassunto con precisione le mie esperienze.

«Cerca di assimilare completamente la Quarta Illuminazione», riprese. «Vedi come si integra con tutto ciò che sai già. La Terza Illuminazione ti ha mostrato che in realtà il mondo fisico è un vasto sistema di energia. E ora la Quarta mette in rilievo che per lungo tempo noi esseri umani siamo stati inconsapevolmente in competizione per l’unica parte di tale energia a cui abbiamo accesso, e cioè quella che scorre fra le persone. Ecco ciò che è sempre stato alla base di tutti i conflitti umani, dalle piccole liti in famiglia e sul lavoro alle guerre fra le nazioni. E dovuto al fatto di sentirsi deboli e insicuri, e di dover rubare l’energia di qualcun altro per potersi sentire bene.»

«Aspetta un attimo», protestai. «Alcune guerre erano giuste e dovevano per forza essere combattute.»

«Naturalmente», replicò Wil. «Ma l’unica ragione per cui un conflitto non può essere immediatamente regolato è che una delle due controparti si ostina a mantenere una posizione irrazionale solo ed esclusivamente per motivi legati all’energia.»

A quel punto Wil sembrò ricordare qualcosa. Frugò in una borsa e ne tirò fuori un fascio di fogli pinzati insieme.

«Mi ero quasi dimenticato!» Esclamò. «Ho trovato una copia della Quarta Illuminazione.»

Mi porse i fogli senza dire altro, guardando fisso davanti a sé mentre guidava.

Presi la piccola torcia che Wil teneva sul cruscotto e nei successivi venti minuti lessi il breve documento. Capire la Quarta Illuminazione voleva dire considerare il mondo come un vasto luogo di competizione per l’energia e quindi per il potere.

Ma non appena noi esseri umani avessimo compreso tale lotta, proseguiva il Manoscritto, saremmo riusciti a superare il conflitto. Ci saremmo liberati dalla lotta per il possesso dell’energia… perché saremmo finalmente stati capaci di riceverla da un’altra fonte.

Guardai Wil. «Qual è l’altra fonte?» gli chiesi. Sorrise senza rispondere.